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Nei sogni di tutti sempre vive un eroe. A volte ho immaginato d’essere io, quello lì. Unico volto dell’amore tra la gente. Sola visione, tuttavia. Altra la verità. Ho letto molto, e forse troppo di miti e leggende. Ho vissuto di storie e viaggi, ricercando antiche gesta e scoprendo quelle più nascoste. Possiedo una valigia ricca d’umanità quasi infinita, e di cui finanche ho scritto per un po’. Mai pensavo, però, d’incontrare lungo la via uno di loro. Gentile. Vivo. Innocente. Insomma, esempio.

Tutto in un pomeriggio, nel vento di Sicilia.

Il grigioverde. Il tricolore. Un lungo applauso. I baschi turchesi del “Trieste”.

E Francesco è lì e passa avanti il plotone dell’onore. Mi vede, giusto dietro i militari del picchetto, e cortese risponde al mio cenno. E’ gesto intimo e personale, come può essere soltanto tra due che s’intendono di certe cose. Tenevo nella tasca interna della giacca il mio basco, dono del battaglione il giorno del congedo, custodito da tanti anni dentro un cellophane ormai logoro dal tempo. Avrei voluto solo per me quel soldatino, per scrivere almeno “grazie” sulla medaglia d’appuntare al petto, e senza il timore d’essere deriso da falsi pacifisti e brontoloni d’ogni specie.

Lui accontentò quello spartano d’altra epoca, che poi ero io. Improvvisa la folla diventò verde campo, mentre il celeste veniva giù e fino a terra. Allora, s’allungò in tutta la sua statura e ancor di più. Poi prese ad andare su quel pezzettino di paradiso, che era suo, e addirittura porse a me il saluto della memoria, con il palmo della mano a taglio sulla fronte e il dito nascosto dietro di questo. Mi ritrovai in attenti pure io, ma non avevo armi da presentare al mio soldato. Escluso qualcosa, forse. Pensai a matita e gomma e foglio bianco e nulla più. Credo possenti insegne di dignità e virtù, così che eterno resti il ricordo del dono di se alla Patria. Pure se questa è ormai diventata “paese”, per taluni.

Marcia nell’azzurro d’Italia giovane amico, marcia sereno. Un giorno, quando mi sarà dato, ti raggiungerò contento lungo quel cielo, senz’altre guerre e ai confini del sole.
 

nel ricordo del primo caporalmaggiore

Francesco Paolo Messineo di Termini Imerese

caduto con altri eroi per la Patria, in Afghanistan.

Il mondo della cultura e della politica li ha gia’ conosciuti. Molti non li sopportano. Sono ex maoisti e hanno fatto il ’68. Sono otto. Jean Marie Benoist, Jean Paul Dolle’, Andre’ Glucksman, Guy Lardreu, Cristian Jambet, Michel Guerin, Philippe Nemo e Bernard-Henry Levy. Hanno rivisitato i pensiero, rifacendosi a Nietzsche, a Camus e Solzenicyn. Negli anni settanta hanno fatto il processo al marxismo, definendolo come la volonta’ di non vedere e di non fare vedere dove sta il potere, il carnefice e il campo di concentramento… …"e’ l’arte di chiudere gli occhi, e’ tecnica d’accecamento, e’ veleno, e’ oppio dei popoli" (cit. Andre’ Glucksman). Sosteneva ancora Levy:"… … se fossi un enciclopedista sognerei di scrivere in un dizionario per l’anno 2000 … Socialismo: n.m., genere culturale, nato a Parigi nel 1848, morto a Parigi nel 1968".

Sono stati nuovi filosofi, anche se questa definizione sembro’ sbagliata, perche’ fu una novità affermare le proprie con passione e aggressività e al momento opportuno. Cosa che e’ mancata agli intellettuali italiani. Scriveva Leonardo Sciascia, amato scittore della sinistra nazionale, sul Corriere della Sera, il 15 ottobre 1977. "effettualmente, i nuovi filosofi vengono dal maggio ’68 piu’ direttamente, piu’ coerentemente, e direi anche piu’ giustamente, che non gli estremisti e i terroristi. Questi hanno reagito alla delusione ostinandosi ad andare avanti nello stesso senso, a bruciare e bruciarsi… … Quelli, invece, è il caso di dire, che se la sono presa con filosofia: e nel senso corrente dell’espressione, e nel senso di una rivendicazione del pensare liberamente".

Spesso e’ necessario guardare oltre il bene o il male di ogni dottrina, per raggiungere una visione ampia delle cose, una personale verita’. Cosi’ sembra opportuno lasciare a Bernard-Henry Levy la possibilita’ di chiudere l’articolo.

" Non porteremo piu’ tra le braccia i sogni degli uomini, perche’ sappiamo bene la vanita’ dei sogni e anche la nostra impotenza; ma resta l’esigenza, che sara’ il nostro assunto, di sostenere la piu’ folle, la piu’ insensata delle scommesse, quella di cambiare l’uomo in cio’ che ha di piu’ profondo. Sappiamo che il modo sta piegato sotto la legge del Padrone e non crediamo che questa legge cedera’ mai ai nostri desideri: ma continueremo a pensare fino alla fine, a pensare senza credere l’impossibile idea di un mondo sottratto alla Padtonanza…"

Nel 1999, il filosofo francese è stato tra i sostenitori dell’intervento Nato in Kossovo. Nel maggio 2012 ha presentato a Cannes "Le Serment de Tobruk", il suo documentario sulla guerra in Libia.

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