Category

Storie

Category
Dell’amore è opportuno parlare di più. Sentimento alto e che oltrepassa il sentire comune dell’essere umano, è qualcosa allo stesso tempo di noto e sconosciuto. Questo è atto di sacrificio e in quanto tale, si sublima in verità. E’ rivoluzione dell’anima, chiara e stupenda. Peccato, però. Spesso non ti accorgi di avere raggiunto il cielo. Occorre una spiegazione a questa nebbia. Il percorso è lungo, e a volte non basta un’intera vita per determinare note degne d’essere ammesse nel diario intimo di ciascuno di noi.
 
Come le parti di mosaico si compongono pian piano e simili alle esistenze che scorrono turbolente al pari delle acque montane entro definiti meandri, così è lo spirito vitale. Da questa certezza è il caso di cominciare ad osservare gli eventi. Tutto è, in ogni caso, origine di superiore volontà. Dunque è atto di fede credere che avvenimenti anche in negativo hanno per fine il bene. E’ strano, e davvero, parlare di fiducia in questa triste epoca. E’ un tempo che sembra ardere passione al desiderio della sistematica distruzione della famiglia, esibendo con la violenza il crepuscolo di una civiltà dell’oppressione.
 
Altra cosa, invece, è l’amore. E’ libertà della persona, è gioia pulsante del cuore, è infinita saggezza. Nessuna cella, abolito il recinto entro cui restringere l’umanità. Diventa possibile anche qualche privazione, guardando il vissuto da qui. I giovani – per esempio – bruciano le tappe dell’età più bella, correndo oltre l’ostacolo. Convinti d’esser grandi, credono che il sentimento reale passi per l’atto fisico. E’ un falso. Un tempo c’era la rinuncia alla sensualità prima del matrimonio, ma era da questa mortificazione che nasceva ogni tenerezza. Bisogna tornare a questi valori per resistere alle prepotenze di questo mondo.
 

Nella convinzione che non tutto ciò che è nuovo è progresso, si ha il dovere d’innovare, mantenendo i migliori insegnamenti del passato. Allora meditazione e buona lettura diventano strumenti o armi per scoprire e guardare in faccia il nemico. E’ un mostro che tutto stritola per effetto della malizia propria. Oggi si chiama spread e rigore di bilancio, appena ieri era l’allegro sperpero dei pubblici denari e la lotta tra blocchi contrapposti, poco più indietro finanche il passo cadenzato delle armate naziste di ancora viva memoria. Tutto questo significa che il male è sempre lo stesso. Bisogna combatterlo con il buon esempio e confidando nell’unico Dio. Trovarlo è semplice. Chiudiamoci in una camera e preghiamo e non importa come. Preghiera è anche gemito dell’io. Quindi Lui verrà e ci condurrà per mano. Qualsiasi timore sarà soltanto ricordo e il sereno apparirà nel firmamento dell’uomo. 

Pubblicato sulla rivista L’Eco di Gibilmanna

Agosto 2013

Tecnopolo Reggiano (ex Padiglione 19). Sono lieto di annunciare che  i lavori di restauro della selezionatrice da semola  Reggiane degli anni  ’30 sono terminati.

La macchina, donata da Nunzio  Russo ed Angelo Cascino di Termini Imerese,  è tornata al suo splendore ed all’ interno del Tecnopolo dell’ Università di Modena e Reggio, in Piazzale Europa a Reggio Emilia, testimonia la capacità e la laboriosità delle  maestranze delle Reggiane.

Un particolare ringraziamento a tutti coloro che mi hanno affiancato in questo non semplice progetto  durato oltre due anni.

Adriano  Riatti  

Curatore dell’Archivio Digitale OMI REGGIANE presso la Mediateca dell’Università degli Studi di Reggio Emilia

In quella stessa notte di giugno in cui moriva Mattinal, una bella saura francese, nasceva un puledrino, anche lui sauro ed era quasi mattina. Venne chiamato Mattinale.

Tutti gli appassionati di cavalli hanno nel cuore delle storie da raccontare.

Questa, è la storia di MATTINALE.

In quella stessa notte di giugno in cui moriva Mattinal, una bella saura francese, nasceva un puledrino, anche lui sauro ed era quasi mattina. Venne chiamato Mattinale.

Mattinale era nato a casa mia nel 1985. Grande e sensibile cavallo, compagno di vita e avventure di un passato che sembra ormai lontano.

L’avevo allevato, domato e portato in concorso, non con la tecnica e l’esperienza ma con la semplicità del cuore. Gli esordi non furono semplici, veniva spesso criticato da chi vedeva in lui un saltatore mediocre e, fin da puledro, venne bocciato per due volte alla rassegna allevatori. Ma noi eravamo amici e lui non diceva mai di no.

Fu così che con il tempo, divenne un vero stilista del salto. Fra i ricordi più belli il GRAN PREMIO a San Patrignano e la POTENZA al Castellazzo di Bollate, dove superò il muro di 2 metri classificandosi al secondo posto. Mattinale è morto all’ età di 25 anni, là nello stesso posto dove era nato. Sepolto vicino alla sua mamma. Difficile non commuovermi ancora oggi, nel parlare di lui.

Maria Grazia Degola

Nel parlare della Targa Florio ritengo difficile escludere un breve commento. E come descrivere una manifestazione che va oltre il fatto sportivo, se non affermando che rappresenta o meglio esprime una chiara volontà di cambiamento, che la nostra terra vuole operare, nel contesto di una piu’ generale tendenza al miglioramento della civilta’ di Sicilia. “Bisogna guardare avanti” come diceva Vincenzo Florio, il fondatore di questo quotidiano, e come sostiene ancora oggi la redazione tutta.

Questo significa non tralasciare l’anima della nostra regione che, con una giusta interpretazione del passato, in questo caso sportivo, ci aiuti a comprendere i valori mai sopiti di una societa’ finalmente indirizzata al progresso ed al dinamismo. Le forze giovani del nostro mondo, il mondo dell’automobilismo isolano, devono sforzarsi d’interpretare agli occhi degli amici di oltre Stretto tale determinazione. 

La Targa Florio come uno degli esempi chiari e puliti di un mondo rinnovato, e per questo libero da vincoli e lacci di una certa categoria di uomini legati ad un passato di errori, innalzandosi al punto da meritare rispetto e considerazione davanti la classe dirigente della nazione. Lo sport automibilistico insieme con i doni espressi dai campioni siciliani di ieri e di oggi – davanti a tutti Nino Vaccarella ed Antonio Pucci – e’ un esempio di crescita inarrestabile.

In questa ottica va inquadrata la partecipazione alle gare della scuderia Afi Club di Termini Imerese, ed il sostegno di questa a tutti i piloti dell’isola oltre ai piu’ blasonati campioni. A questo punto, non stupisce incontrare Mauro Pregliasco – campione d’Europa Rally – circondato da giovani, e poi ascoltare dalla sua voce:  “Voi ragazzi rappresentate e dovete continuare a rappresentare la parte piu’ bella e sana della Sicilia”.  Un messaggio rivolto tutti, perche’ l’automobilismo oltre palestra di coraggio lo sia anche di vita. Quasi settanta anni di Targa Florio desidero insegnino pure questo.

quotidiano L’Ora di Palermo 29 febbraio 1985

Nei sogni di tutti sempre vive un eroe. A volte ho immaginato d’essere io, quello lì. Unico volto dell’amore tra la gente. Sola visione, tuttavia. Altra la verità. Ho letto molto, e forse troppo di miti e leggende. Ho vissuto di storie e viaggi, ricercando antiche gesta e scoprendo quelle più nascoste. Possiedo una valigia ricca d’umanità quasi infinita, e di cui finanche ho scritto per un po’. Mai pensavo, però, d’incontrare lungo la via uno di loro. Gentile. Vivo. Innocente. Insomma, esempio.

Tutto in un pomeriggio, nel vento di Sicilia.

Il grigioverde. Il tricolore. Un lungo applauso. I baschi turchesi del “Trieste”.

E Francesco è lì e passa avanti il plotone dell’onore. Mi vede, giusto dietro i militari del picchetto, e cortese risponde al mio cenno. E’ gesto intimo e personale, come può essere soltanto tra due che s’intendono di certe cose. Tenevo nella tasca interna della giacca il mio basco, dono del battaglione il giorno del congedo, custodito da tanti anni dentro un cellophane ormai logoro dal tempo. Avrei voluto solo per me quel soldatino, per scrivere almeno “grazie” sulla medaglia d’appuntare al petto, e senza il timore d’essere deriso da falsi pacifisti e brontoloni d’ogni specie.

Lui accontentò quello spartano d’altra epoca, che poi ero io. Improvvisa la folla diventò verde campo, mentre il celeste veniva giù e fino a terra. Allora, s’allungò in tutta la sua statura e ancor di più. Poi prese ad andare su quel pezzettino di paradiso, che era suo, e addirittura porse a me il saluto della memoria, con il palmo della mano a taglio sulla fronte e il dito nascosto dietro di questo. Mi ritrovai in attenti pure io, ma non avevo armi da presentare al mio soldato. Escluso qualcosa, forse. Pensai a matita e gomma e foglio bianco e nulla più. Credo possenti insegne di dignità e virtù, così che eterno resti il ricordo del dono di se alla Patria. Pure se questa è ormai diventata “paese”, per taluni.

Marcia nell’azzurro d’Italia giovane amico, marcia sereno. Un giorno, quando mi sarà dato, ti raggiungerò contento lungo quel cielo, senz’altre guerre e ai confini del sole.
 

nel ricordo del primo caporalmaggiore

Francesco Paolo Messineo di Termini Imerese

caduto con altri eroi per la Patria, in Afghanistan.

Il mondo della cultura e della politica li ha gia’ conosciuti. Molti non li sopportano. Sono ex maoisti e hanno fatto il ’68. Sono otto. Jean Marie Benoist, Jean Paul Dolle’, Andre’ Glucksman, Guy Lardreu, Cristian Jambet, Michel Guerin, Philippe Nemo e Bernard-Henry Levy. Hanno rivisitato i pensiero, rifacendosi a Nietzsche, a Camus e Solzenicyn. Negli anni settanta hanno fatto il processo al marxismo, definendolo come la volonta’ di non vedere e di non fare vedere dove sta il potere, il carnefice e il campo di concentramento… …"e’ l’arte di chiudere gli occhi, e’ tecnica d’accecamento, e’ veleno, e’ oppio dei popoli" (cit. Andre’ Glucksman). Sosteneva ancora Levy:"… … se fossi un enciclopedista sognerei di scrivere in un dizionario per l’anno 2000 … Socialismo: n.m., genere culturale, nato a Parigi nel 1848, morto a Parigi nel 1968".

Sono stati nuovi filosofi, anche se questa definizione sembro’ sbagliata, perche’ fu una novità affermare le proprie con passione e aggressività e al momento opportuno. Cosa che e’ mancata agli intellettuali italiani. Scriveva Leonardo Sciascia, amato scittore della sinistra nazionale, sul Corriere della Sera, il 15 ottobre 1977. "effettualmente, i nuovi filosofi vengono dal maggio ’68 piu’ direttamente, piu’ coerentemente, e direi anche piu’ giustamente, che non gli estremisti e i terroristi. Questi hanno reagito alla delusione ostinandosi ad andare avanti nello stesso senso, a bruciare e bruciarsi… … Quelli, invece, è il caso di dire, che se la sono presa con filosofia: e nel senso corrente dell’espressione, e nel senso di una rivendicazione del pensare liberamente".

Spesso e’ necessario guardare oltre il bene o il male di ogni dottrina, per raggiungere una visione ampia delle cose, una personale verita’. Cosi’ sembra opportuno lasciare a Bernard-Henry Levy la possibilita’ di chiudere l’articolo.

" Non porteremo piu’ tra le braccia i sogni degli uomini, perche’ sappiamo bene la vanita’ dei sogni e anche la nostra impotenza; ma resta l’esigenza, che sara’ il nostro assunto, di sostenere la piu’ folle, la piu’ insensata delle scommesse, quella di cambiare l’uomo in cio’ che ha di piu’ profondo. Sappiamo che il modo sta piegato sotto la legge del Padrone e non crediamo che questa legge cedera’ mai ai nostri desideri: ma continueremo a pensare fino alla fine, a pensare senza credere l’impossibile idea di un mondo sottratto alla Padtonanza…"

Nel 1999, il filosofo francese è stato tra i sostenitori dell’intervento Nato in Kossovo. Nel maggio 2012 ha presentato a Cannes "Le Serment de Tobruk", il suo documentario sulla guerra in Libia.

Di Indro Montanelli abbiamo letto molto, e finanche abbiamo assistito a critiche e violenze nei confronti della sua persona, perché era schietto e raccontava la storia come oggettiva verità. Era un giornalista e uno storico con il gusto dell’innovatore. Per lui la vera cronaca del passato era una scienza, che utilizzava la pienezza di tutte le fonti (anche orali), nel loro dispiegarsi nel tempo, per definire l’evoluzione della Società e della Cultura. E per questo che propongo un breve stralcio del fondo a sua firma, pubblicato sul Giornale tanti anni addietro, nel 1983… ricorrendo il 4 novembre, giorno della nostra definita unità come Nazione.


"SALUTO AL RE…non so che Re sarebbe stato se fosse rimasto Re, so che nessuno lo fu più e meglio di lui dal giorno in cui smise di esserlo, e da allora sono trascorsi trentasette lunghi anni. Nessuna dinastia, credo, neanche quella degli Hohenzollern, ha avuto un epigono che all’impegno di onorarne il nome e il ricordo abbia saputo fare tanto sacrificio della propria vita, e con piena coscienza della sua assoluta inutilità. Dei suoi antenati, quello a cui più somigliava è Carlo Alberto: se non nel carattere, nella sventura e nella dignità con cui l’ha portata. Forse è anche per questo che scelse, come terra di esilio, Il Portogallo. "Come i sogni, lo avevamo dimenticato". Ci volevano l’agonia e la morte per riportarcelo alla memoria. Ora ci auguriamo che l’Italia repubblicana senta il dovere di rendere un sommesso omaggio a questo ultimo Savoia, il più incolpevole e sfortunato di tutti, accogliendone le ceneri a Superga, come egli stesso ha desiderato e richiesto.
E’ un pezzo della nostra storia che finisce con lui. E chi rinnega la propria storia, bella o brutta che sia – ma non è mai né tutta bella, né tutta brutta – rinnega se stesso. (Indro Montanelli)"

 
 

 

 

 

 

 

Al Cle – Manerbio (Brescia), 14 ottobre 2012. Delle mille storie che avvolgono il mondo dei cavalli, poche hanno meritato il personale mi piace. Sara’ stato perche’ sono un lettore attratto dalle belle avventure, di quelli che tendono a commuoversi, se vale la pena. Allora e’ chiaro come la vita di Monty Roberts e’ di quelle che lasciano una traccia. Anni addietro ho letto la sua autobiografia “The man who listen to horses”. Così, l’uomo che ascoltava i cavalli e’ entrato nella mia vita di lettore prima e d’autore piu’ tardi. Monty, pero’, non e’ solo scrittore di best seller. Lui ha dedicato l’esistenza ai cavalli. Da ragazzino trascorreva ore ad ascoltare i mustang selvaggi del Nevada. E’ stato allora che ha compreso il linguaggio espresso dal corpo degli animali, e intuito che e’ semplice e prevedibile. Infatti, mostra l’affetto o il fastidio d’ogni singolo e all’interno del branco. Questa intuizione ha permesso a Roberts di creare il metodo d’allenamento Join-Up, basato sull’assenza di forza da parte dell’allenatore. Attraverso l’idioma del corpo, questi docilmente riesce a farsi accettare dall’animale come un capo branco; così mentre gli volta le spalle e si allontana, il cavallo lo segue in liberta’, con fiducia e rispetto e amicizia. Nell’equitazione moderna e per ogni lavoro da compiere con questo splendido essere vivente, Join-Up rappresenta lo strumento migliore.

Ma che cosa c’entra Monty Roberts con Al Cle e Manerbio? Mi trovavo qui tra le scuderie e all’apertura di tre giorni di concorso indoor. Giravo con le mani in tasca per i viali, quando raggiunsi il campo prova. Dentro si respirava emozione, in altre parole quella bella cosa che sempre ha preso alla gola gli sportivi prima di un evento. In questo caso, cavalieri e amazzoni mascheravano come potevano il momento, eleganti nelle loro tenute. Era difficile, tuttavia, ingannare uno che lo sport agonistico lo ha fatto, per bene. E’ stata questa acquisita sensibilità a farmi notare un’amazzone e la sua cavalla. Stavano insieme e tranquille come due vecchie amiche al cinema. Ciononostante dovevano entrare in campo gara. Osservo meglio. L’animale e’ scalzo, senza ferri che gli costringono gli zoccoli, e finanche è libero in bocca, niente morso tra denti e lingua. Mi stupisco non poco, ben sapendo quanta forza utilizzano i cavalieri in concorso. Decido di seguire gli eventi successivi. Le due entrano in campo e vanno alla prima barriera. Il tocco dell’amazzone e’ leggero e sfugge alla vista, solo le gambe fasciano il costato. E poi, non ha gli speroni. Feodora, anche lei, appare a suo agio in un galoppo leggero e naturale. Commettono un piccolo errore alla fine del percorso, ma escono serene, nonostante l’eliminazione. Questa è una buona storia. Penso io. Così vado a parlare con Maria Grazia Degola, mentre porta Feo – lei la chiama così – alle scuderie. Trovo una donna molto semplice, che serve di persona l’animale. Lei fa quasi tutto da sola, e mi spiega che segue la scuola di Monty Roberts da qualche tempo. Si dice dispiaciuta di non averlo conosciuto prima, ma oggi questa e’ la sua nuova strada. Andra’ avanti cosi’, con Feodora e gli altri cavalli liberi nel paddock dietro casa, ad Albinea, tra le colline di Reggio nell’Emilia.

Poi, scopro che questa sportiva ha un notevole passato agonistico. Lei ha vinto, ancora giovanissima, il G.P. Internazionale di Merano. Altri i suoi successi e piazzamenti.  Feo e’ come Maria Grazia, carina, elegante e per nulla piena di se’. Eppure è figlia del campionissimo Toulon. Credo che continuero’ a scrivere di amazzoni e cavalieri.

 “In politica, se vuoi qualcosa di detto, chiedi ad un uomo, se vuoi qualcosa di fatto, chiedi a una donna”. 

Margaret Thacher è andata via come tutti gli amori, prima o poi. Gia’, perche’ lei apparteneva a quella sparuta elite’ di cui è impossibile fare a meno. Potevi anche odiarla, per certe prese di posizione o per quel che rappresentava aldila’ del bene o del male. Ma l’odio non è forse il rovescio d’ogni tenerezza? Allora quando guardavi a lei provavi stima e, forse, un pizzico d’invidia. Maggie ha donato dignità e grandezza alle donne di tutto il mondo e senza eccessi, spendendo la propria esistenza al servizio degli ideali. Quegli stessi sentimenti che sono stati e sono patrimonio dell’occidente libero e democratico. Il mondo stesso sarà piu’ solo, da oggi.

 

Una pagina di storia tra Emilia e Sicilia.

Se si richiama il passato industriale di Termini Imerese non si puo’ non pensare alla Fiat, passato ancora prossimo e ferita ancora aperta per ogni termitano. Molti, pero’, non hanno dimenticato la presenza dei numerosi pastifici che dagli inizi del secolo fino agli anni Ottanta hanno prodotto qui pasta e farina. 
Di questo passato si e’ ricordata l’Universita’ di Modena e Reggio Emilia, sollecitata da una persona che ha letto il libro di Nunzio Russo, scrittore termitano che in “La voce del maestrale” ha ripercorso la storia della sua famiglia, proprietaria di un pastificio. Reggiane erano le Officine che producevano i macchinari utilizzati da questo pastificio, Adriano Riatti, direttore dell’archivio di Stato delle Reggiane, insieme alla figlia Francesca, ha intrapreso cosi’ un viaggio in Sicilia per ritrovare i luoghi dove venivano impiegati i macchinari prodotti dall’allora fiorente produzione delle Officine Reggiane. L’ing. Riatti, accompagnato da Nunzio Russo, e’ venuto a far visita al sindaco Toto’ Burrafato. Insieme e’ stata ripercorsa la storia delle Officine Reggiane che dagli inizi del secolo scorso hanno rappresentato, identificandosi con essa, la città di Reggio Emilia. 
Si e’ scoperto così che le Officine producevano caldaie, carri ferroviari, macchine agricole, macchine per mulini e pastifici e anche le carrozze dell’Orient Express. Dopo il periodo bellico, oltre ai macchinari per i mulini, ha continuato la produzione ferroviaria, la produzione di macchine per le miniere (tutta la zona del nisseno utilizza macchinari e attrezzature delle Officine Reggiane). E ha continuato la produzione di aerei che erano stati impiegati anche nella guerra e partivano dagli aeroporti di Birgi e Boccadifalco. 
La scoperta da parte delle truppe alleate della presenza di aerei in Sicilia determino’ la decisione di distruggere le Officine che le producevano. Reggio Emilia con le sue aziende fu bombardata, molti macchinari furono salvati perché seppelliti sotto terra. In seguito le Officine sono state acquistate da Caproni che ha proseguito la produzione, ma con il tempo si e’ ridotta sempre più fino all’attuale produzione di gru per i porti.
Negli archivi delle Officine Reggiane sono stati trovati progetti di un trans-aereo, di pale eoliche e bozzetti di un’auto di lusso con compressore, interni in pelle e alluminio per la scocca. Il sindaco Toto’ Burrafato con amarezza ha sottolineato: “Al nostro territorio devastato – da un punto di vista ambientale – da quarant’anni di produzione di automobili, oggi restano soltanto le vecchie macchine delle Officine Reggiane e pastifici che non esistono più”. 
Il libro di Nunzio Russo “La voce del maestrale” sarà presentato il prossimo 22 aprile presso l’Università di Modena e Reggio Emilia.  

Pin It