In tal senso tutti insieme abbiamo fatto "cultura" perché abbiamo costruito un significato da portare avanti nella quotidianita’, perche’ leggere un libro deve aprire nuovi orizzonti dando una delle possibili chiavi di lettura della controversa e multiforme realta’ in cui viviamo (…)

Venerdì 21 giugno, il primo giorno d’estate, a Trabia presso la Villa Falcone e Borsellino nell’ambito della rassegna "Il maggio dei libri", patrocinata dal Comune di Trabia, ho avuto il piacere di partecipare ad un evento, non dico unico, ma sicuramente raro. La presentazione del romanzo "La voce del maestrale" di Nunzio Russo, scrittore alla sua prima fatica letteraria, ma non per questo di poco pregio, si e’ ben presto trasformata in un talk! Il Sindaco di Trabia, Francesco Bondì, ha aperto le danze introducendo lo scrittore e me in quanto relatrice e instillando nel pubblico variegato di ragazzi e adulti la curiosità di scoprire una storia, quella narrata dall’Autore, nei luoghi di Termini Imerese e Trabia del secolo scorso attraverso la cornice dell’attivita’ dei pastifici più famosi per circa un secolo. Io ho puntualizzato alcuni elementi dell’avvincente storia del romanzo attraverso i luoghi, le persone, gli amori e concentrando l’attenzione sul file rouge della narrazione: il lavoro come elemento fondante della vita nella dimensione dell’attaccamento alla famiglia e della sua difesa a qualsiasi costo. Pochissime battute hanno entusiasmato gli intervenuti che subito hanno intavolato una discussione piuttosto interessante, spaziando dal senso e dalle radici dell’attività imprenditoriale termitana e non solo nel passato all’esigenza di riscoprire il legame con il lavoro attraverso la famiglia dietro l’esempio dei maestri pastai della famiglia Russo, al problema della globalizzazione che ha esasperato nel tempo la frattura all’apparenza incolmabile tra Nord e Sud del mondo, alla riscoperta dei paesaggi africani un tempo italiani, alle brillanti figure femminili del romanzo, madri, imprenditrici, medici e comunque donne dal profondo senso del dovere, alle radici della narrazione dal romanzo sociale del Settecento alla narrativa verista e realista tra Ottocento e Novecento.

Il dialogo vivace e partecipato ha fatto rivivere luoghi e personaggi del romanzo avvicinandoli al presente: quell’etica del sacrificio e del lavoro che produce lavoro insieme alla semplicita’ e alla morigeratezza si e’ trasformata in spunto di riflessione per leggere la crisi presente, le difficolta’ con cui il nostro territorio si confronta quotidianamente e per individuare un messaggio propositivo alle nuove generazioni per la valorizzazione delle risorse umane e strumentali in una terra che oggi piu’ di prima deve ricominciare a coltivare speranze.
In realtà tutti siamo stati relatori del romanzo e, soprattutto, della positivita’ che abbiamo insieme scoperto in esso e consegnato alla collettivita’: ricominciare significa sacrificio, investimento di tutte le risorse, capacita’ di mettersi in gioco e amore per i veri legami che la famiglia e un progetto lavorativo condiviso sanno creare. In tal senso tutti insieme abbiamo fatto "cultura" perché abbiamo costruito un significato da portare avanti nella quotidianita’, perché leggere un libro deve aprire nuovi orizzonti dando una delle possibili chiavi di lettura della controversa e multiforme realta’ in cui viviamo.
 
Francesca Caronna

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