“LA VOCE DEL MAESTRALE” è il romanzo che, a malincuore, ho appena terminato di leggere. Una storia che avrei voluto continuasse ancora un po’, quel tanto che mi rendesse più morbido il distacco dai personaggi che l’hanno vissuta.

E io con loro.

Una storia familiare che nasce in una Sicilia del 1910 e attraverso amori, nascite, morti e guerre, si conclude negli anni sessanta.

L’autore racconta con sensibilità e passione i drammatici eventi dei protagonisti come se li avesse vissuti lui stesso. L’attenta descrizione dei personaggi, reali fautori del periodo storico narrato, fanno quasi sembrare questo romanzo una biografia.

Il realismo che pervade in tutto il lungo racconto della famiglia, non è una semplice cronaca.

Per quanto sia puntuale e precisa, è pervasa da una delicato e talvolta lirico sentimento per i luoghi dove, in tempi diversi, cambiano scenari e vicissitudini

Essere una famiglia di pastai è un motivo d’orgoglio, e non solo, per i Musumeci. E’ una tradizione che si tramanda per tre generazioni, nonostante la guerra e opportunità alternative, portino lontano gli eredi del nonno fondatore, tanto amato e ucciso a tradimento.

Come ogni stagione, la vita nasce e muore, ma come si è vissuti e quello che si è creato sono molto più di un ricordo da lasciare a chi resta.

Sono l’eredità più ricca da custodire per i posteri con la speranza che facciano lo stesso.

Direi che il filo conduttore del romanzo è quel vento del maestrale che soffia accarezzando la terra di Sicilia calda al tramonto così cara a chi scrive e che si percepisce a pelle

Quel vento che soffia nell’indifferenza e nella crudeltà di una Mafia a cui, come scritto, spesso si soccombe.

Quattrocentoventi pagine di una storia dove ogni sentimento trova la propria collocazione e impossibile da raccontare in due righe senza svelare la trama.

Anche se, nonostante sia molto intrigante, non sia quella il punto cruciale.

E’ il messaggio che porta, secondo me.

Leggetelo e fatemi sapere…

Anna Cibotti

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