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Universita’ di Modena e Reggio Emilia. Un romanzo di Nunzio Russo, ambientato in Sicilia fa rivivere l’epopea delle Officine “Reggiane”, rivelando un aspetto poco noto della attività di questa grande industria, assai fiorente verso la metà del secolo scorso. La voce del maestrale, il titolo del romanzo, la saga di una famiglia proprietaria di un pastificio a Termini Imerese, e la costruzione di una impastatrice, uscita dalla fabbrica reggiana, saranno ripercorse in un incontro lunedì 22 aprile a Reggio Emilia. 
Può essere curioso che un romanzo, ambientato nelle terre di Sicilia, faccia rivivere l’epopea delle officine “Reggiane”, la famosa fabbrica di Reggio Emilia, arrivata ad occupare oltre 12.000 persone intorno al 1940. Nunzio Russo, l’autore del romanzo, nel ricostruire la storia del pastificio di famiglia di Termini Imerese, in provincia di Palermo, fa una curiosa scoperta che porta la mente alle “Reggiane”, un’industria conosciuta quasi esclusivamente per la produzione di aerei, locomotori e vagoni ferroviari, ma che tra le sue attività annovera anche per la produzione di macchine destinate a pastifici.
La storia di questo legame, e di altre interessanti scoperte d’archivio, potrà essere meglio compresalunedì 22 aprile 2013, alle ore 17.00, presso l’Aula Magna “P: Manodori” della sede universitaria Palazzo Dossetti (viale Allegri, 9) a Reggio Emilia in occasione della presentazione del romanzo La voce del maestrale, di Nunzio Russo, nell’ambito di vero e proprio evento promosso da Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, Rotary Club di Reggio Emilia e Val di Secchia, Club Unesco e Boorea.

L’introduzione ai lavori è affidata al Pro Rettore della sede di Reggio Emilia, prof. Luigi Grasselli, a cui seguiranno gli interventi di Maria Grazia Degola su “La magia del maestrale”, Adriano Riatti, curatore dell’archivio digitale “Reggiane” presso la Mediateca universitaria su “Le produzioni “Reggiane” per il settore alimentare”, Francesca Caronna su “Storia delle industrie in Sicilia”. 

Gazzetta di Reggio. La semolatrice e’ tornata alle Officine Reggiane.
 
REGGIO EMILIA. La semolatrice, o meglio la pulitrice quadrupla da semole, è tornata a casa. Il macchinario degli anni Trenta, testimonianza simbolica dell’attività delle Officine Meccaniche Reggiane anche nel campo della produzione di strumenti meccanici per mulini e pastifici, è stata infatti ufficialmente riposizionata ieri pomeriggio nella sua sede di produzione, il capannone 19 ora sede del Tecnopolo.
 
«Qui, dunque, alle Reggiane, non venivano prodotte solo macchine volanti – ha detto Riccardo Ferretti, pro rettore della sede reggiana di Unimore – ma anche macchine per la vita cioè macchinari per produrre pasta. Con grande onore ci siamo presi cura del restauro della semolatrice e abbiamo deciso di riportarla qui, nel luogo che la città di Reggio vuole dedicare a una nuova idea di artigianalità».
 
Ritrovata in modo quasi fortuito a Termini Imerese, la semolatrice, prodotta negli anni Trenta negli stabilimenti delle Reggiane, è stata pazientemente riportata in città dalla Sicilia e sottoposta a un prezioso restauro, durato circa due anni, come ha spiegato Adriano Riatti, curatore dell’archivio digitale delle Reggiane presso Unimore: «Era in condizioni malconce, alcune parti sono state restaurate, altre interamente ricostruite. Ma, come potete vedere, si tratta di un vero e proprio gioiello per la nostra città considerando che quasi tutti gli altri macchinari prodotti o utilizzati dalle Reggiane sono stati purtroppo rottamati».
 
La produzione di tali tipi di macchinari da parte delle Officine reggiane non fu una storia di breve durata ma si sviluppò a partire dagli anni ’20, con l’acquisizione di una società specializzata con sede a Monza, per terminare negli anni ’60; circa quaranta anni in cui le Reggiane coprirono non solo il mercato italiano, ma anche quello straniero con cifre davvero rilevanti.
 
All’intervento di Nunzio Russo, uno dei principali artefici del trasferimento della semolatrice a Reggio e persino autore di un romanzo in cui viene narrato l’acquisto del macchinario dall’azienda di Termini Imerese, è seguito quello di Valeria Montanari, assessore all’Innovazione: «Dietro questo macchinario c’è una storia fatta innanzitutto di persone, la “generazione delle Reggiane” che seppe creare eccellenze come questa».
 
la notizia sul web:
 
Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia – Eventi
 
Gazzetta di Reggio
 
Gazzetta di Reggio

“La grandezza di quest’opera, degna di entrare tra i classici della letteratura siciliana, sicuramente sta nel portare alla luce …”

Mi sono imbattuta con “La voce del maestrale” di Nunzio Russo per caso e, di fatto, ne sono stata folgorata. Nato in Sicilia nel 1960 e discendente di una famiglia di produttori di pasta, l’autore ha mostrato grande talento letterario con questa sua opera prima. “La voce del maestrale” (2008) e’ un libro ambientato tra la Sicilia e l’Africa in un lasso di tempo che scorre tra il 1910 e il 1996. Romanzo in parte autobiografico, in parte inventato, e’ la saga familiare dei Musumeci che si sviluppa tra eventi storici d’interesse rilevante, come la prima e la seconda guerra mondiale, il ventennio fascista, la campagna d’Africa, lo sbarco in Sicilia delle truppe americane, l’avvento della Repubblica, il boom economico e cio’ che ne consegue. Capostipite della famiglia, Salvatore Musumeci, mugnaio di Granata, che e’ riuscito ad arricchirsi grazie al suo duro e onesto lavoro e per salire di ceto a comprarsi il titolo nobiliare di barone di Mezzocannolo. Il suo non sottostare al principe di Granata, senatore del Regno d’Italia, proprietario della maggior parte dei mulini della zona, lo portera’ a una morte barbara per mano di un mafioso. Il mulino passa cosi’ a suo figlio Vincenzo che comincia a produrre semole da pasta e fonda il Pastificio Musumeci, con ottimi guadagni. Vincenzo sposa Ada, donna mentalmente instabile, da cui avra’ il figlio Toto’, ma il suo unico e vero amore e’ Maddalena, medico missionario in Africa, che resta incinta di lui e che, per salvare se stessa e la famiglia, sposa un ufficiale italiano, Adriano Baggio. A Toto’ piacerebbe tanto studiare musica e diventare direttore d’orchestra ma, come desidera il padre, s’iscrive alla facolta’ di economia per prendere le redini del pastificio che riesce a ingrandire, aumentandone ben presto la produzione ed esportando la pasta Musumeci persino in America. Toto’ diventa anche deputato della Democrazia Cristiana e si batte per i pastifici siciliani che durante gli anni settanta soccomberanno ai nuovi pastifici del nord. D’altronde Toto’ insieme all’amico del cuore Nino Ventura aveva piu’ volte salvato il proprio pastificio dal fallimento e soprattutto durante la seconda guerra mondiale dalla distruzione, murando in uno scantinato tutti i nuovi macchinari, appena comprati dalle Officine Reggiane. Caparbio sino all’inverosimile, Toto’ amerà per tutta la vita Elena, da cui pero’ non avra’ eredi maschi. Il nipote Adriano, figlio del fratellastro Peppuccio stroncato, da un brutto male, a causa d’investimenti sbagliati in Africa dimezzera’ il patrimonio dei Musumeci e sarà causa dell’epilogo della famiglia. In questo romanzo l’amore, l’amicizia, la lealtà, il senso della famiglia sono analizzati e descritti in tutta la loro sicilianità come, invece, i temi atavici di una terra feudale, latifondista, nelle mani dei gabellotti locali, sono analizzati e descritti in tutta la loro sicilitudine. Una vicenda narrata con una prosa elegante che descrive la storia di alcuni uomini che hanno fatto l’imprenditoria del Sud con enormi difficolta’ e che hanno dovuto soccombere soprattutto a causa dei costi di trasporto e dell’assenza di una rete autostradale ai produttori delle regioni settentrionali ad aziende molto piu’ grosse, più all’avanguardia e vicine ai mercati. La grandezza di quest’opera, degna di entrare tra i classici della letteratura siciliana, sicuramente sta nel portare alla luce con documenti alla mano la chiusura di oltre quarantacinque piccole industrie nella zona di Termini Imerese che riuscivano a produrre giornalmente 14.521 quintali di pasta. La pasta e’ nata in Sicilia tra Termini Imerese e Trabia nel 1154, cento cinquant’anni prima, dunque, che Marco Polo giungesse dall

Comunicato stampa
 
«Il Romanzo della Pasta Italiana», excursus storico e romantico su un prodotto tipicamente italiano nato in una Sicilia di altri tempi.
Inaugurazione il 28 Novembre 2014 – Associazione Dictinne Bobok – via E. Albanese n. 7 – Palermo
 
La pasta è nata in Sicilia. Un’affermazione che scaturisce dallo studio di antichi documenti, alcuni dei quali testimoniano la presenza del primo rudimentale pastificio in una zona compresa tra Termini Imerese e Trabia. Questa documentazione sarà oggetto della mostra «Il Romanzo della Pasta Italiana» che verrà inaugurata venerdì 28 novembre alle ore 18.00, nei locali dell’Associazione Dictinne Bobok di Palermo, in via Enrico Albanese n. 7. In esposizione ci saranno anche immagini, disegni, lettere e alcune tavole di vari progetti in originale. Tra questi, anche il progetto delle Officine Meccaniche Italiane-Reggiane relativo alla costruzione del molino Russo di Termini Imerese, datato 1940, la cui storia è molto particolare. Documenti contabili in originale, che attestano pagamenti dell’epoca, ma anche le prime scatole di cartone del peso di una libbra (453,6 grammi), con cui veniva confezionata la pasta in attesa di essere spedita oltreoceano, ed i sacchetti di cotone per il confezionamento delle pastine. La mostra è stata realizzata in collaborazione con Aliveris (società che detiene il brevetto di questa pasta il cui unico produttore al mondo è il Pastificio Filiberto Bianconi) e con l’Archivio Digitale Reggiane presso l’Unimore. Il brevetto internazionale è stato ottenuto grazie ai ricercatori Carlo Clerici e Kenneth DR Setchell. La mostra resterà aperta anche sabato 29 (dalle 10 alle 12 e dalle 17.30 alle 19.30) e a domenica 30 novembre (dalle 10 alle 13), con ingresso gratuito.
Venerdì 28 novembre, la cerimonia di apertura vedrà gli interventi di Marisa Russo, presidente dell’Associazione Dictinne Bobok, e della professoressa Maria Antonietta Spadaro, noto architetto e storico dell’Arte. A ripercorrere le origini della pasta italiana sarà Nunzio Russo attraverso la presentazione di un power point, prima del quale la professoressa Francesca Caronna parlerà del romanzo La Voce del maestrale dello stesso Russo. Si tratta della prima opera letteraria dello scrittore e imprenditore nato a Termini Imerese nel 1960 e discendente da una famiglia di produttori industriali di pasta siciliana. Nel suo romanzo, che lo scorso settembre ha vinto il Premio Elmo 2014 – Sezione Scrittori (Rizziconi RC), l’autore pluripremiato traccia un affascinante percorso storico della pasta alimentare che si srotola attraverso le vite dei personaggi. Una storia di “pasta, amore e fantasia” in una Sicilia immutabile e fuori dal tempo, dove il lavoro, la fatica e le tradizioni sono l’alimento fondamentale di una famiglia di pastai e di un territorio che ha assistito all’ascesa e anche al declino.
I ricercatori danno notizie di questo prodotto unico nella storia della scienza alimentare fin dal 1154 con gli scritti del geografo arabo Al Idrisi, ovvero cento anni prima della nascita di Marco Polo, da sempre considerato colui che ha scoperto questo alimento in Cina e l’ha poi diffuso in Occidente. Al Idrisi, scrivendo Il Libro di Ruggero, parla di una località in cui si fabbricava una grande quantità di paste (Yttriyya) da esportare persino in paesi musulmani e cristiani. La pasta di Termini Imerese non conobbe sosta, arrivò in America a metà dell’800 quando nella cittadina siciliana erano tanti i pastai e i mugnai. Uno spaccato di vita ben raccontato dall’autore.

LA VOCE DEL MAESTRALE di Nunzio Russo – 458 pag. – edito da EEE-book (Strada Vivero 15 – 10024 Moncalieri – TO – tel. 011 6472110 – www.edizioniesordienri.com) – brossurato – 2012 – prezzo 17,00 € – ISBN 978-88-6690-090-0

In questo romanzo Nunzio Russo racconta la storia del Pastificio Russo di Termini Imerese e dei suoi macchinari costruiti alla fine degli anni ’30 dalle Officine Reggiane.
 
E’ una storia siciliana d’ampio respiro, un’opera di letteratura sul mondo della pasta alimentare. Nella cornice di un secolo di storia che ha visto passare due Guerre Mondiali, il Ventennio fascista, la Campagna dAfrica, la caduta della monarchia e l’awento della Repubblica italiana, si snoda un racconto di fantasia che narra di una saga familiare, ricca di sfumature nel settore della produzione di pasta.
 
Turi Musumeci, mugnaio del paese di Granata, negli anni ha fatto fortuna e con le ricchezze accumulate ha potuto comprarsi il titolo di barone di Mezzocannolo al fine di mostrarsi in modo più autorevole nei riguardi del principe di Granata, senatore del Regno d’Italia, fondatore del paese oltre che potente “signore del pane”, in quanto proprietario dei mulini che macinano la gran parte della farina per i panettieri.
 
Musumeci, pero’, viene assassinato e le sue fortune passano al figlio Vincenzo, che decide di fondare un pastificio, avvalendosi dei macchinari delle Officine Reggiane. Ma la sua vita privata sarà scossa da una serie di eventi inaspettati e appassionanti.
 
pubblicato su Tecnica Molitoria (Chiriotti Editori), anno 64 – n. 7, luglio 2013
 

In oltre 300 visitano la mostra «Il Romanzo della Pasta Italiana», excursus storico e romantico su un prodotto tipicamente italiano nato in una Sicilia di altri tempi.

Oltre 300 visitatori in soli tre giorni per la mostra «Il Romanzo della Pasta Italiana», inaugurata venerdì 28 novembre nei locali dell’Associazione Dictinne Bobok di Palermo (via E. Albanese n. 7) e ideata da Nunzio Russo, discendente da produttori industriali di pasta siciliana. Hanno visitato la mostra anche molti discendenti dei pastifici attivi nei decenni scorsi sui territori di Termini imerese e della provincia di Palermo. Si è così chiuso con successo l’excursus storico e romantico su un prodotto tipicamente italiano, nato in una Sicilia di altri tempi e ben presentato dal discendente del pastificio Russo di Termini Imerese, chiuso alla fine degli anni ‘70 come tanti altri pastifici della città. La mostra, a cui ha partecipato anche la storica dell’arte Maria Antonietta Spadaro, è stata realizzata in collaborazione con Aliveris (società che detiene il brevetto di questa pasta il cui unico produttore al mondo è il Pastificio Filiberto Bianconi) e con l’Archivio Digitale Reggiane presso l’Unimore. Il brevetto internazionale è stato ottenuto dai ricercatori Carlo Clerici e Kenneth DR Setchell.

Nunzio Russo (autore del romanzo «La voce del maestrale», vincitore lo scorso settembre del Premio Elmo 2014 – Sezione Scrittori – Rizziconi RC) ha tracciato un affascinante percorso storico della pasta alimentare accompagnato da circa 170 slide in power point. «Non si può dire con precisione quando è nata la pasta – ha chiarito – perché nasce con l’impasto della massaia che mette insieme farina e acqua. Ma ci sono dei documenti, come quello del geografo arabo Al Idrisi, che ci parlano della produzione di pasta in una località tra Termini Imerese e Trabia nel 1154. Certo è che i primi mulini necessitavano della forza meccanica dell’acqua per le macine, quindi non potevano che sorgere nelle vicinanze di fiumi». Lo scrittore, figlio di due famiglie di pastai, “Russo” di Termini Imerese e “Messineo” di Trabia, ha parlato della vivace industria pastaia del territorio a cavallo tra ‘800 e ‘900. Una presentazione arricchita da aneddoti e curiosità – molte delle quali contenute ne «La voce del maestrale» – ma anche da documenti, disegni, lettere, tavole di progetti in originale e antichi marchi di pastifici. Tracce di una storia che nel romanzo guidano l’evolversi delle vite dei personaggi. «Di certo è un romanzo storico – lo ha definito la professoressa  Francesca Caronna nella sua presentazione – al cui interno ci sono riflessioni specifiche: industria, pasta, amori che definisco “amori naturali” perché nelle storie, spesso incrociate, si mantengono inalterati in ogni circostanza. Ci sono figli condivisi e famiglie in cui il legame ancestrale tra le persone è indissolubile nel rispetto assoluto e completo delle altre persone coinvolte. Nel romanzo l’eredità è elemento di cultura e forza dell’essere “famiglia”: nessuno si trova mai da solo».
 
Venerdì, Russo ha ricevuto il guidoncino del Lions Club Termini Himera Cerere dal presidente Fabio Lo Bono per il suo impegno nel diffondere la storia dei pastifici di Termini Imerese. Il Club si è poi offerto come partner per futuri eventi volti a diffondere tali notizie.
 
Un servi

L’Associazione Arte e Cultura a Taormina e Babilonia Officina Culturale presentano nell’incantevole giardino di Via Timoleone, giovedì 17 ottobre alle ore 17.30, il romanzo di Nunzio Russo “La voce del maestrale” 

“La Voce del Maestrale” – come dice lo stesso autore – “è il romanzo di quella borghesia siciliana operosa che, tra l‘800 e buona parte del ‘900, ha costruito la buona sorte e le fortune di tanta gente di qui. Gente che si è anche opposta al male delle mafie, senza compromessi. Uomini e donne che vivono e amano, permeati dai valori più sacri racchiusi nel cuore di ciascuno. Insomma, il romanzo è la parte migliore di tutti noi, gente del sud”. Nunzio Russo narra con una prosa elegante la storia di alcuni uomini che hanno fatto l’imprenditoria del Sud con enormi difficoltà e che hanno dovuto soccombere soprattutto a causa dei costi di trasporto e dell’assenza di una rete autostradale ai produttori delle regioni settentrionali ad aziende molto più grosse, più all’avanguardia e vicine ai mercati. La grandezza di quest’opera sta nel portare alla luce con documenti alla mano la chiusura di oltre quarantacinque piccole industrie nella zona di Termini Imerese e nel raccontare con grande amore è la saga familiare dei Musumeci che si sviluppa tra eventi storici d’interesse rilevante, come la prima e la seconda guerra mondiale, il ventennio fascista, la campagna d’Africa, lo sbarco in Sicilia delle truppe americane, l’avvento della Repubblica, il boom economico e ciò che ne consegue.

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