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Il mondo della cultura e della politica li ha gia’ conosciuti. Molti non li sopportano. Sono ex maoisti e hanno fatto il ’68. Sono otto. Jean Marie Benoist, Jean Paul Dolle’, Andre’ Glucksman, Guy Lardreu, Cristian Jambet, Michel Guerin, Philippe Nemo e Bernard-Henry Levy. Hanno rivisitato i pensiero, rifacendosi a Nietzsche, a Camus e Solzenicyn. Negli anni settanta hanno fatto il processo al marxismo, definendolo come la volonta’ di non vedere e di non fare vedere dove sta il potere, il carnefice e il campo di concentramento… …"e’ l’arte di chiudere gli occhi, e’ tecnica d’accecamento, e’ veleno, e’ oppio dei popoli" (cit. Andre’ Glucksman). Sosteneva ancora Levy:"… … se fossi un enciclopedista sognerei di scrivere in un dizionario per l’anno 2000 … Socialismo: n.m., genere culturale, nato a Parigi nel 1848, morto a Parigi nel 1968".

Sono stati nuovi filosofi, anche se questa definizione sembro’ sbagliata, perche’ fu una novità affermare le proprie con passione e aggressività e al momento opportuno. Cosa che e’ mancata agli intellettuali italiani. Scriveva Leonardo Sciascia, amato scittore della sinistra nazionale, sul Corriere della Sera, il 15 ottobre 1977. "effettualmente, i nuovi filosofi vengono dal maggio ’68 piu’ direttamente, piu’ coerentemente, e direi anche piu’ giustamente, che non gli estremisti e i terroristi. Questi hanno reagito alla delusione ostinandosi ad andare avanti nello stesso senso, a bruciare e bruciarsi… … Quelli, invece, è il caso di dire, che se la sono presa con filosofia: e nel senso corrente dell’espressione, e nel senso di una rivendicazione del pensare liberamente".

Spesso e’ necessario guardare oltre il bene o il male di ogni dottrina, per raggiungere una visione ampia delle cose, una personale verita’. Cosi’ sembra opportuno lasciare a Bernard-Henry Levy la possibilita’ di chiudere l’articolo.

" Non porteremo piu’ tra le braccia i sogni degli uomini, perche’ sappiamo bene la vanita’ dei sogni e anche la nostra impotenza; ma resta l’esigenza, che sara’ il nostro assunto, di sostenere la piu’ folle, la piu’ insensata delle scommesse, quella di cambiare l’uomo in cio’ che ha di piu’ profondo. Sappiamo che il modo sta piegato sotto la legge del Padrone e non crediamo che questa legge cedera’ mai ai nostri desideri: ma continueremo a pensare fino alla fine, a pensare senza credere l’impossibile idea di un mondo sottratto alla Padtonanza…"

Nel 1999, il filosofo francese è stato tra i sostenitori dell’intervento Nato in Kossovo. Nel maggio 2012 ha presentato a Cannes "Le Serment de Tobruk", il suo documentario sulla guerra in Libia.

Di Indro Montanelli abbiamo letto molto, e finanche abbiamo assistito a critiche e violenze nei confronti della sua persona, perché era schietto e raccontava la storia come oggettiva verità. Era un giornalista e uno storico con il gusto dell’innovatore. Per lui la vera cronaca del passato era una scienza, che utilizzava la pienezza di tutte le fonti (anche orali), nel loro dispiegarsi nel tempo, per definire l’evoluzione della Società e della Cultura. E per questo che propongo un breve stralcio del fondo a sua firma, pubblicato sul Giornale tanti anni addietro, nel 1983… ricorrendo il 4 novembre, giorno della nostra definita unità come Nazione.


"SALUTO AL RE…non so che Re sarebbe stato se fosse rimasto Re, so che nessuno lo fu più e meglio di lui dal giorno in cui smise di esserlo, e da allora sono trascorsi trentasette lunghi anni. Nessuna dinastia, credo, neanche quella degli Hohenzollern, ha avuto un epigono che all’impegno di onorarne il nome e il ricordo abbia saputo fare tanto sacrificio della propria vita, e con piena coscienza della sua assoluta inutilità. Dei suoi antenati, quello a cui più somigliava è Carlo Alberto: se non nel carattere, nella sventura e nella dignità con cui l’ha portata. Forse è anche per questo che scelse, come terra di esilio, Il Portogallo. "Come i sogni, lo avevamo dimenticato". Ci volevano l’agonia e la morte per riportarcelo alla memoria. Ora ci auguriamo che l’Italia repubblicana senta il dovere di rendere un sommesso omaggio a questo ultimo Savoia, il più incolpevole e sfortunato di tutti, accogliendone le ceneri a Superga, come egli stesso ha desiderato e richiesto.
E’ un pezzo della nostra storia che finisce con lui. E chi rinnega la propria storia, bella o brutta che sia – ma non è mai né tutta bella, né tutta brutta – rinnega se stesso. (Indro Montanelli)"

 
 

 

 

 

 

 

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