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Nel parlare della Targa Florio ritengo difficile escludere un breve commento. E come descrivere una manifestazione che va oltre il fatto sportivo, se non affermando che rappresenta o meglio esprime una chiara volontà di cambiamento, che la nostra terra vuole operare, nel contesto di una piu’ generale tendenza al miglioramento della civilta’ di Sicilia. “Bisogna guardare avanti” come diceva Vincenzo Florio, il fondatore di questo quotidiano, e come sostiene ancora oggi la redazione tutta.

Questo significa non tralasciare l’anima della nostra regione che, con una giusta interpretazione del passato, in questo caso sportivo, ci aiuti a comprendere i valori mai sopiti di una societa’ finalmente indirizzata al progresso ed al dinamismo. Le forze giovani del nostro mondo, il mondo dell’automobilismo isolano, devono sforzarsi d’interpretare agli occhi degli amici di oltre Stretto tale determinazione. 

La Targa Florio come uno degli esempi chiari e puliti di un mondo rinnovato, e per questo libero da vincoli e lacci di una certa categoria di uomini legati ad un passato di errori, innalzandosi al punto da meritare rispetto e considerazione davanti la classe dirigente della nazione. Lo sport automibilistico insieme con i doni espressi dai campioni siciliani di ieri e di oggi – davanti a tutti Nino Vaccarella ed Antonio Pucci – e’ un esempio di crescita inarrestabile.

In questa ottica va inquadrata la partecipazione alle gare della scuderia Afi Club di Termini Imerese, ed il sostegno di questa a tutti i piloti dell’isola oltre ai piu’ blasonati campioni. A questo punto, non stupisce incontrare Mauro Pregliasco – campione d’Europa Rally – circondato da giovani, e poi ascoltare dalla sua voce:  “Voi ragazzi rappresentate e dovete continuare a rappresentare la parte piu’ bella e sana della Sicilia”.  Un messaggio rivolto tutti, perche’ l’automobilismo oltre palestra di coraggio lo sia anche di vita. Quasi settanta anni di Targa Florio desidero insegnino pure questo.

quotidiano L’Ora di Palermo 29 febbraio 1985

Nei sogni di tutti sempre vive un eroe. A volte ho immaginato d’essere io, quello lì. Unico volto dell’amore tra la gente. Sola visione, tuttavia. Altra la verità. Ho letto molto, e forse troppo di miti e leggende. Ho vissuto di storie e viaggi, ricercando antiche gesta e scoprendo quelle più nascoste. Possiedo una valigia ricca d’umanità quasi infinita, e di cui finanche ho scritto per un po’. Mai pensavo, però, d’incontrare lungo la via uno di loro. Gentile. Vivo. Innocente. Insomma, esempio.

Tutto in un pomeriggio, nel vento di Sicilia.

Il grigioverde. Il tricolore. Un lungo applauso. I baschi turchesi del “Trieste”.

E Francesco è lì e passa avanti il plotone dell’onore. Mi vede, giusto dietro i militari del picchetto, e cortese risponde al mio cenno. E’ gesto intimo e personale, come può essere soltanto tra due che s’intendono di certe cose. Tenevo nella tasca interna della giacca il mio basco, dono del battaglione il giorno del congedo, custodito da tanti anni dentro un cellophane ormai logoro dal tempo. Avrei voluto solo per me quel soldatino, per scrivere almeno “grazie” sulla medaglia d’appuntare al petto, e senza il timore d’essere deriso da falsi pacifisti e brontoloni d’ogni specie.

Lui accontentò quello spartano d’altra epoca, che poi ero io. Improvvisa la folla diventò verde campo, mentre il celeste veniva giù e fino a terra. Allora, s’allungò in tutta la sua statura e ancor di più. Poi prese ad andare su quel pezzettino di paradiso, che era suo, e addirittura porse a me il saluto della memoria, con il palmo della mano a taglio sulla fronte e il dito nascosto dietro di questo. Mi ritrovai in attenti pure io, ma non avevo armi da presentare al mio soldato. Escluso qualcosa, forse. Pensai a matita e gomma e foglio bianco e nulla più. Credo possenti insegne di dignità e virtù, così che eterno resti il ricordo del dono di se alla Patria. Pure se questa è ormai diventata “paese”, per taluni.

Marcia nell’azzurro d’Italia giovane amico, marcia sereno. Un giorno, quando mi sarà dato, ti raggiungerò contento lungo quel cielo, senz’altre guerre e ai confini del sole.
 

nel ricordo del primo caporalmaggiore

Francesco Paolo Messineo di Termini Imerese

caduto con altri eroi per la Patria, in Afghanistan.

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