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L’Africa

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Nell’abbaglio del mattino tropicale, un piccolo sambuco solca le acque di quel braccio di mare. Il viaggiatore sfila la camicia e mostra i muscoli al vento, subito richiamato dal vecchio nacuda al timone: – Italiano, ti bruci!

In lontananza, un chiaro colore spezza il tenue andare delle onde bucate da delfini giocolieri. E’ Durghella, la prima isola del grande arcipelago che piatta viene incontro al largo di Massawa. Potrei ancora incontrare un naufrago, penso io, e finanche una capanna tra arbusti di mangrovie e tizzoni sulla brace. Nessun bisogno di civilta’ appare necessario. Piu’ avanti c’è l’isola di Dahlak Kebir, la Grande. Sono millecinquecento musulmani, e insieme con questi case di legno e una clinica in cemento quale strano segno di modernità. Ma il luogo più famoso è l’ufficio dei telefoni, invaso da pecore e materassi e reti per i letti. Regi Telefoni reca ancora la sbiadita insegna di un tempo fermo al passato, forse, soltanto per me. L’operatore arrota l’antica manovella coloniale e collega qualche cliente al mondo, ma sempre il logoro apparato si blocca tra mille scintille e irriverenti fruscii. Allora Kibreab, l’impiegato, il cui nome si traduce Grande per Dio, ti osserva smarrito. Quindi ride, e infine piange di piacere. Lui e’ soltanto un pescatore. In ogni caso, riesco a fare il mio dovere verso i cari in Italia.

Da Jemhilé raggiungo a piedi il Luul Resort Hotel sul mare, attraverso un bosco d’acacie, e mentre il cielo e’ fuoco nella bellezza del tramonto. L’albergo è proprietà del governo, manca il telefono per i clienti e la luce è fornita da un generatore fino alla mezzanotte. L’indomani gusto la pasta al pomodoro di una cucina famigliare, e poi pesce catturato con le mani e cotto al limone sotto il sole. E’ vero, tutto potrebbe essere piu’ professionale. Ma questa e’ la contraddizione e la meraviglia di una terra lontana, amata e conosciuta, chiamata Africa.

Dagli appunti del mio viaggio per scrivere la parte africana de La Voce del Maestrale.

Video dedicato al romanzo La Voce del Maestrale e al continente africano. Le immagini mostrano la più giovane nazione d’Africa, l’Eritrea. All’epoca dei fatti narrati nel romanzo l’Eritrea, in Africa Orientale, era territorio del Regno d’Italia.

LA VOCE DEL MAESTRALE di Nunzio Russo – 458 pag. – edito da EEE-book (Strada Vivero 15 – 10024 Moncalieri – TO – tel. 011 6472110 – http://www.edizionitriplae.it) – brossurato – 2014 – ISBN 978-88-6690-090-0. Edizione cartacea. Ebook disponibile sui principali web store internazionali on line (amazon, lafetrimelli, mondadori, ibs bookrepublic …). il blog dell’autore www.nunziorusso.it

La prima idea che viene in mente è quella di trovare l’ombra e il fresco. E’ una bella consolazione, dopo 150 Km di pista quasi impossibile e una balestra della Toyota riparata alla buona da un poliziotto eritreo.
Verdi alberi costeggiano il lungo viale d’accesso, ma giunti nella piazza principale si scopre subito che ogni desiderio è destinato a restare tale. I letti dell’Hotel Bologna riempiono i marciapiedi.
Si dormirà all’aperto. E’ il tramonto, il cielo è incendiato e ci sono ancora quaranta gradi.
La missione dei padri cappuccini e delle sorelle di S.Anna è su una collina fuori paese.
Porto i rifornimenti e qualche dono. Poi, ceno con le suore. Il giorno dopo vengo ricevuto dal vescovo della regione Monsignor Luca da Pisa. Veste di bianco come è bianca la sua barba, porta i sandali ed è abbronzato dal sole tropicale.Lascio Barentu e il letto asciutto del fiume Gash, prima delle grandi piogge. 
Ci sono relitti di carri armati per strada. 

pubblicato giugno 2000

Mentre viaggiavo in Africa, un sacerdote missionario di nazionalita’ eritrea mi disse: – Sei siciliano? Allora, sei come noi. Un africano del nord!

Spesso un viaggio ti dà molto. Mai come in questo caso è stata detta cosa più esatta. Il Pavon Centre di Asmara è una missione e dunque un luogo di fede, ma è anche un centro di cultura. Dentro un enorme capannone c’è una biblioteca che contiene migliaia di volumi, forse, la più fornita di tutta l’Africa. E’ aperta nel pomeriggio e la frequentano centinaia di studenti eritrei. E’ lì che ho conosciuto frate Elezio.

La cara amica suor Anna Rosanna Abrahà, mi aveva suggerito di andare a parlare con lui di storia. Sono andato. E come tante volte accade da quelle parti, invece di incontrare un vecchio prete italiano, ho avuto il piacere di stringere la mano ad un uomo ancora vigoroso e nel pieno della maturità. A proposito della guerra d’indipendenza Eritrea terminata nel 1991 con la sconfitta etiope e la rotta di Barentu, così mi ha detto:- L’ Etiopia è attualmente governata dai tigrini, allo stesso modo dell’Eritrea. Ma è davvero tutto finito?.

Aveva ragione. Subito dopo la mia partenza dall’Africa,  è scoppiata una nuova guerra di confine tra Etiopia e Eritrea per la città di Badammè. Non ci sono finito in mezzo per un caso fortunato. Nella battaglia morirono oltre 19.000 soldati eritrei, e così il successivo disatro economico ha determinato una migrazione della popolazione fino alle coste italiane. Cosa a tutti oggi nota. 

dagli appunti del mio viaggio in Africa alla ricerca delle fonti necessarie alla stesura de La Voce del Maestrale

Alle volte e come una tempesta il ricordo di una storia ti assale. Poi non ti abbandona piu’, se la faccenda e’ stata una bella cosa. In questo modo e’ tornata alla memoria l’essenza di una terra lontana, improvvisa e simile ad una visione.

Mi ricordo del quartiere di Ghezzabanda. Una scassata millecento gialla della Fiat correva in quella direzione. Il tassista conduceva due persone. L’uomo oscurava la luce del parabrezza, e finanche era troppo grasso per un’auto degli anni cinquanta e giunta fino al duemila. Portava curati baffetti e parlava in italiano.

Ero capitato ad Asmara, per visitare e studiare la storia di quei posti, ricercando verita’ per l’architettura del romanzo che avevo in mente. Accanto a me, sul sedile posteriore, stava una signora di Torino. Lei cercava la casa in cui era nata. L’avevo conosciuta nell’ufficio dell’agente di viaggio, che organizzava escursioni a Cheren e Metara. Era magra e piuttoso allegra Piera, e poi aveva un nasino all’insu’ e portava i capelli bianchi tagliati corti. Al ritorno, curioso ero andato con lei. L’abitazione non c’era piu’.

– Chissa’ quando e’ stata demolita -, disse la donna. E nei suoi occhi fece capolino la tristezza.

– Mi dispiace -, dissi io.

– Non importa. In ogni caso, e’ qui che mia madre ha partorito -. Aveva ancora l’ingiallito certificato di battesimo, che recava data di nascita e paternita’. Lo mostro’. Appariva orgogliosa d’essere asmarina. 

E’ stato quello l’istante in cui e’ nato il mio amore per l’Eritrea. Ognuno ha la sua Africa.

Nota. Sono questi i miei appunti, mentre viaggiavo in lungo e largo per l’Eritrea. In quel periodo pochi ne parlavano, ma vi assicuro che questa è una terra stupenda, e dove tutto o quasi parla d’Italia. E poi, gli eritrei ci vogliono bene. Anche a questo popolo, per tanti aspetti nostro fratello, ho dedicato la stesura de La Voce del Maestrale

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