Nelle notti più dolci, tante volte ho sognato la luna e la stella come elegante arredo della volta celeste più pura incontrata nella vita. E’ questo l’istintivo ricordo del mio affetto per l’alto colle sul mare di Cefalù. Era un 8 settembre, ma la memoria di quel giorno è rimasta sempre viva nell’intimo dell’io. Un vescovo cantava i vespri ed esortava tutti a guardare nel cielo i segni della presenza silenziosa di Maria, all’imbrunire e sul sagrato. Poco più che ragazzo quale ero allora, dapprima ridacchiai, ma dopo andai giù e inginocchiato, portato lì da una dolce mano, mai dimenticata un solo istante.
 
A quei tempi i giovani erano, o si sentivano, giganti. Contestavano e chiacchieravano di politica e fumavano, ma sempre vestivano polo di lacoste e mettevano una monetina da venti lire nella fessura degli immancabili mocassini, quasi coperti da jeans a zampa d’elefante. Di Dio poco si temeva o sapeva, una volta ottenuta la prima comunione, a Palermo, dai Padri Gesuiti di Casa Professa. A questa normalità neppure io facevo eccezione. Ma altro era a venire, lungo quel tratto mai diritto che indicava il domani. Almeno, per me.
La prima fidanzatina della mia esistenza villeggiava lì, e così andai a vedere la strada da percorrere per raggiungerla un paio di volte la settimana, nei pomeriggi della calda stagione. Quella volta mi condusse fino al Santuario, dopo avermi mostrato la casa dei genitori. Ebbi una percezione di stupore nell’osservare i gradini e poi lo spiazzo e la statua di Francesco sulla destra. Non andai oltre quel giorno. Mi fermai lì e tornai indietro. Quell’estate rare volte tornai lassù. Frequentavo lo Spaccio Colombo e qualche volta andavo a guardare il mare dall’Osservatorio. Era il 1982 e la nazionale diventava campione del mondo e Paolo Rossi come una cometa gonfiava d’orgoglio il petto degli italiani. Ma faceva caldo e lo scirocco imperversava sulla costa, quasi era stato lui il monarca assoluto del momento. Allora scappavo dalla ragazzina di quell’epoca senza macchia, alla ricerca di una fronda e del fresco e d’aria buona.
 
Dai tramonti e attraverso albe acquamarina sono passati gli anni, e momenti grigi e lieti hanno inondato d’emozioni il giovane di un tempo. Ad un tratto mi vidi più grande, magari afflitto dal sempre attuale problema della ricerca di un lavoro adeguato a chi è stato educato ad antichi valori, che da sempre furono gli unici a contare, se un po’ funzioni con la testa. Sempre lì, mi trovai a riflettere su questo e da solo, in una giornata fatta dell’oro e del rosso d’autunno. Avevo incontrato e conosciuto una giovane, che faceva compagnia alla nonna, una dolce signora che mai si staccava da quel colle, prima d’ottobre. Recitai una preghiera, percependomi piccolo e improvvisato come fedele. Ma quello fu l’inizio vero dell’amore. In tutti sensi.
 
Nella mente ho memoria dei miei figli piccoli, e la viva immagine della salita a piedi attraverso i vialetti della macchia e fino a Pizzo S. Angelo, il punto più alto. Portavo le coperte in spalla ed il cestino per fare colazione, sempre inseguito dalle mille raccomandazioni della loro mamma, perché potevano esserci pericoli. Rischi grossi, precisava, visto che spesso sogno, e finanche disattento e colpito dalla bellezza del bosco, che vede l’immensità del mare come un falco all’attacco d’una preda. E poi, penso tante altre piccole storie come modesti vissuti o icone di più stagioni sempre vive nel cuore. Dell’ascesa alla campana del Santuario, attraverso una porticina, una domenica e durante la messa, potrei raccontare per un giorno e una notte o forse più.  Cos&ig

Author

Comments are closed.

Pin It