“Questo libro manifesta il desiderio di dare voce alla parte migliore di tutti noi, gente del sud. Uomini e donne che con la loro esistenza hanno lasciato un positivo messaggio alle nuove generazioni, di fatto dando il via all’agro industria e al made in Italy più famoso”.
 
La pasta è l’elemento base della cultura alimentare italiana ed è ampiamente utilizzata nella dieta mediterranea, l’opera di Nunzio Russo, “Il romanzo della Pasta italiana” (EEE.book, 2015), ne racconta la nascita, la diffusione, l’uso e soprattutto cos’è per lui e cos’è stata per la sua famiglia di antichi pastai di Termini Imerese.
La pasta è “la pietanza dell’unione e dell’amore, ma anche il segno del raggiunto benessere di un popolo, la regina della Dieta Mediterranea e il patrimonio culturale immateriale dell’umanità, Unesco 2010”. La pasta è nata in Sicilia intorno al 1154. “Non si può dire con precisione però esattamente quando e dove è nata – ci tiene a chiarire l’autore – perché nasce con l’impasto della massaia che mette insieme farina e acqua. Ci sono dei documenti, comunque, come quello del geografo arabo Al Idrisi, che ci parlano della produzione di pasta in una località tra Termini Imerese e Trabia appunto nel 1154. Certo è che i primi mulini necessitavano della forza meccanica dell’acqua per le macine, quindi non potevano che sorgere nelle vicinanze di fiumi”. E Termini Imerese di fiumi ne ha ben cinque.
Lo scrittore, figlio di due famiglie di pastai, “Russo” di Termini Imerese e “Messineo” di Trabia, descrive nel suo libro, il florido commercio sviluppatosi intorno alla pasta a Termini Imerese e a Catania fino a tutti i secoli XVII e XVIII. Dalla Sicilia, ci racconta con amore Nunzio Russo, la pasta raggiunse la Liguria e poi la Campania. Da qui si approdò con grande fortuna ai mercati d’oltreoceano. Proprio in questi periodi nacquero le prime corporazioni e i primi regolamenti legislativi. Molte delle piccole e medie industrie di pasta confezionavano anche una specialità esclusiva di acciughe salate in scatole.
Questo saggio è comunque soprattutto la testimonianza di come si faceva imprenditoria in Sicilia nell’Ottocento e nella metà del Novecento e come a causa dei costi di trasporto e dell’assenza di una rete autostradale i produttori, gli artigiani, gli imprenditori siciliani hanno dovuto soccombere a quelli delle regioni settentrionali, ad aziende molto più grosse, più all’avanguardia e vicine ai mercati nazionali e internazionali, Barilla e Agnesi hanno avuto una crescita esponenziale.
La grandezza di quest’opera sicuramente sta nel portar alla luce con documenti alla mano la chiusura di oltre quarantacinque pastifici nella zona di Termine Imerese che riuscivano a produrre giornalmente 14.521 quintali di pasta e esportarla persino in America. Gli ultimi industriali della pasta in Sicilia si riunirono nel 1960 per studiare un progetto ambizioso: un grande pastificio automatico proprio presso la nascente zona industriale di Termini Imerese, come dire produrre pasta e buona pasta nel solco della tradizione invece di macchine Fiat.
 
“Alla fine però l’accordo non è sottoscritto”. “E quindi il sogno dei pastai di Sicilia, la terra dove è na

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