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Forse e’ perché non sono un tipo triste, ma ho bisogno io del sole e di uno sgangherato tavolino, l’ombra di un fico selvatico e il mare lì vicino, così da sentire la risacca e quasi dondolarmi. In più, qualche altra cosa non guasta. Vedo ancora i miei figli bambini, correre incontro a me, sempre sotto quel fico, bombardato da qualche frutto maturo, e loro bravi a prendere alla gola i sentimenti del padre e furbi portarmi sulla battigia, per il tramonto del sole. Mi ricordo le corse sulla sabbia, insieme con loro, per raggiungere l’affiorante lontana scogliera, mentre pure alcuni fogli del quaderno svolazzavano, decisi a lasciare quel tesoro di quasi libro, sogno di un’esistenza ormai convinta ad innalzarsi nella lode. La matita poi, quel carboncino di magia stava infilato nell’elastico del costume come la colt di John Wayne nei film americani. Pronta a sparare. E che ricordi quelli della gomma per cancellare. Se manca, non c’è romanzo e neanche vita. Lei proprio non voleva trovare degna sistemazione. Allora danzava, al ritmo della corsa a piedi nudi, da una mano all’altra, tradendo prima la destra e dopo la sinistra. Sinuosa donna, che sempre cambia le forme, con l’uso del suo corpo, valchiria d’indimenticabili battaglie d’amore, come si conviene a gente come lei, combattute su più letti, e tutti questi fatti di carta e ben rincalzati dentro le copertine.

Mi ritrovai insieme con gli eredi sulle coeve rocce, che un po’ ci graffiavano, ma non molto, tutti a staccare frutti di mare, e poi salati succhiarli dal loro guscio, crudi e ricchi di bene e necessarie proteine, dopo un giorno di caldo siciliano. In quel preciso istante, partì la cerimonia. L’ammainabandiera. Le rade onde portate avanti dalla brezza serotina, una dopo l’altra in fila, perfette si allineavano sull’azzurra distesa, per quella sola volta campo d’armi, come perfetto esercito a rendere onore allo stendardo. Mirabile lo sfolgorio della gloria posseduta da quell’antica bandiera di guerra, rossa di tante ore passate così in alto, ormai solo attendeva il fresco ma devoto abbraccio dei militari, che la ripiegavano nell’attesa della nuova alba.
Eppure, quando ho scritto del tramonto, non ho visto queste cose, in quelle cinquecento pagine d’allora. Torniamo indietro. I piccoli rubarono il mio quaderno, e finanche vollero la matita pistola e la spregiudicata gomma. Disegnarono un cerchio rotondo sui fogli del mio capolavoro, e dentro scrissero la parola “rosso” e completarono con quella che a me sembrò una verde foglia. Di notte, ho acceso la lanterna a petrolio sotto il fico e ho scritto… …”Il sole al tramonto sembrava una caramella, un disco perfetto, rotondo e rosso come un’arancia matura”.
 
Per terminare, questo è il fatto. La cura della parola, se vogliamo. Artisti o si è o non si è per nulla. O lo sei quando vieni al mondo o non ci diventi. Puoi affinarti, con pazienza e disciplina. Quello, però, è l’uomo medio. Ci vuole lo spettacolo. Credo io. Chi legge tragga personali e libere conclusioni, perché così è giusto.
 
Sono stato lungo un’indecenza, e per fortuna nessuno arriverà alla fine di questa nota. Sorrido… E chiedo scusa e dichiaro che sinceramente non m’importa. Mi sono solo divertito per un po’.

 La Pasta di semola con Germe di Soia

Introdurre nella pasta di semola il “germe di soia”, ricco di isoflavoni (molecole che permettono di prevenire alcune malattie diffuse tra le popolazioni occidentali), è stato l’obiettivo perseguito per anni dal professore Kenneth DR Setchell (sin dal 1980) e, più tardi, dal professore Carlo Clerici, docente all’Università di Perugia e direttore dell’unità di gastroenterologia dell’Ospedale di Santa Maria della Misericordina di Perugia. I due ricercatori hanno lavorato insieme a questo progetto dalla fine degli anni ’90 arrivando, nel 2000, all’attuale formulazione della pasta Aliveris, che per porzione contiene 33 mg di isoflavoni (ovvero quanto presente in una dieta di tipo asiatico). Nel 2003 è arrivato per il professore DR Setchell il premio internazionale Roche per l’innovazione nel campo della nutrizione (International Award for Innovative Research in Human Nutrition) e da lì una serie di pubblicazioni sugli studi dei due ricercatori. Studi e ricerche che continuano tutt’oggi. I professori Kenneth DR Setchell e Carlo Clerici hanno così risposto ad alcune domande.
 
–        Quale è il valore aggiunto che il Germe di Soia dà alla pasta Aliveris?
Il Germe di Soia ha tantissime proprietà e, aggiunto durante il processo di pastificazione, si rende possibile l’attivazione di alcune molecole in esso contenute molto importanti, in particolare gli isoflavoni, che attraverso questa pasta possono rilasciare effetti biologici positivi. Allo stesso modo di come generalmente li rilasciano quando si assumono alimenti della tradizione culinaria asiatica, prevalentemente i cibi a base di soia fermentata. Gli isoflavoni sono fitoprotettori naturali, si trovano nelle leguminose, ma in una concentrazione più elevata li possiamo trovare nei semi di soia, nel trifoglio rosso o nel kudzu.
 
–       Le vostre ricerche si sono concentrate sulla possibilità di produrre una pasta che potesse essere più adatta alle necessità dall’uomo. Quali difficoltà avete incontrato prima di arrivare alla pasta Aliveris?
Le difficoltà più grandi in realtà le abbiamo riscontrate nel momento in cui abbiamo ottenuto il prodotto e via via che ottenevamo risultati statisticamente positivi dagli studi clinici. Infatti, la pasta con Germe di Soia ha più che altro problematiche a livello commerciale e di promozione del prodotto in senso stretto. Pur avendo serie pubblicazioni scientifiche, e dunque risultati positivi rilevanti su persone con varie problematiche, non è ancora possibile vantare claim salutistici in quanto l’EFSA (l’ente europeo per la sicurezza alimentare) in questo momento non lo permette. Non potendo spiegare nella confezione gli effetti positivi per la salute già testati, risulta davvero complicato arrivare al consumatore. Una persona media non riesce a capire il motivo per il quale dovrebbe acquistare, dunque consumare, abitualmente questa “nuova” pasta con germe di soia, a meno che non abbia una conoscenza specifica nel settore dei fitoprotettori naturali.
 
–       Le ricerche continuano al momento? Come e quale è il prossimo obiettivo?
Non abbiamo mai terminato le ricerche, ogni volta di fronte ad un risultato positivo abbiamo voluto indagare ulteriormente, ma per fare questi lavori seriamente ci vuole molto tempo e nulla può essere lasciato al caso. Ogni dettaglio è rilevante. In questo momento è in corso uno studio i cui volontari sono soggetti sani.

Officine Meccaniche Italiane – Reggiane
 
 
 
Furono le Officine Meccaniche Italiane (OMI) – più note come Reggiane – a costruire, negli anni Trenta, la macchina semolatrice (pulitrice quadrupla da semole) che per anni ha contribuito a produrre pasta alimentare a Termini Imerese e in Sicilia. La semolatrice è poi tornata a Reggio Emilia grazie all’impegno di Nunzio Russo e di Angelo Cascino. In vero, le “Reggiane” sono nate ad inizio ‘900 per produrre aerei civili e militari, locomotive, motori ferroviari e gru. Nel 1951, dopo una lunga occupazione della fabbrica da parte degli operai contro i duemila licenziamenti, l’azienda riconvertì la propria produzione da bellica a civile. Le “Reggiane” scrissero importanti pagine della storia nazionale, tutte raccolte nell’Archivio Digitale delle OMI presso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia. Gli archivi multimediali dell’Unimore raccolgono, quindi, un enorme patrimonio documentale di dati e immagini e conservano persino parte dell’Archivio Pasta Russo 1875 di Termini Imerese. L’ingegnere Adriano Riatti, appassionato ed esperto di storia dell’aeronautica, è curatore dell’Archivio Digitale delle Reggiane.
 
 
–         Come mai l’Archivio Digitale Reggiane, presso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, sostiene e promuove “Il romanzo della pasta italiana”, in mostra dal 28 al 30 novembre a Palermo?
Un pezzo della nostra storia industriale è oggi ritornato a Reggio Emilia grazie all’attenzione e alla disponibilità di Nunzio Russo e di Angelo Cascino, entrambi di Termini Imerese, che hanno reso disponibile la macchina dopo averla smontata. La semolatrice infatti è stata ritrovata in modo quasi fortuito a Termini Imerese.
 
–         Un macchinario prodotto negli anni ‘30, la “semolatrice”, unisce quindi Reggio Emilia e Termini Imerese. Per le Officine Meccaniche Reggiane cosa rappresenta oggi il recupero della semolatrice?
Le officine “Reggiane” oggi non esistono più. La semolatrice è, ad oggi, l’unico prodotto integro esistente e restaurato, visibile al Tecnopolo di Reggio Emilia. Rappresenta una conoscenza delle lavorazioni del legno e del metallo sicuramente accresciute dalla scuola professionale "Reggiane", che formava maschi e femmine per un altro anno dopo i tre della scuola di stato e sotto la guida di esperti operai. Ciò che si dovrebbe fare ancora oggi. Un apposito libro di testo era stato realizzato come compendio della formazione.
 
–         Nel suo romanzo “La voce del maestrale” Nunzio Russo parla anche delle macchine delle Reggiane. Quale ruolo ebbero nella storia della pasta italiana?
Sicuramente un ruolo importante. I principali pastai italiani, come Petrini, Voiello, Russo, utilizzavano macchinario “Reggiane”.
 
 
 
 
UFFICIO STAMPA e informazioni:
Maria Grazia D’Agostino

cell. 320.6213118 

Innamoratevi! La scrittura è un atto d’amore. E’ il frutto creativo della passione verso cio’ che narrate, verso gli occhi che vi leggeranno domani, verso voi stessi e le personeche incontrerete con i vostri libri. La passione vi renderà scrittori.

Intervento dello scrittore Nunzio Russo alla tavola rotonda organizzata da Contrappunto Literary Management dal titolo ‘Decalogo per lo scrittore contemporaneo’. Salone Internazionale del Libro di Torino, 13 maggio 2011. Moderatrice: Natascia PaneIntervento dello scrittore Nunzio Russo alla tavola rotonda organizzata da Contrappunto Literary Management dal titolo ‘Decalogo per lo scrittore contemporaneo’. Salone Internazionale del Libro di Torino, 13 maggio 2011. Moderatrice: Natascia Pane

ALIVERIS, dall’Umbria una pasta molto particolare
 
 
La Pasta al Germe di Soia Aliveris unisce alla pasta (regina della dieta mediterranea) la soia, tipico ingrediente della cultura culinaria asiatica e molto usato in Cina, Giappone e Indonesia. Ma come e perché il Pastificio Bianconi si è imbarcato in un progetto scientifico di così grande rilievo e quali sono le caratteristiche di questa pasta? Ce lo spiega Agnese Bordoni, Coordinatrice del “Progetto Aliveris” per l’Industria Alimentare Filiberto Bianconi1947 S.p.A.
 
–   Per gli italiani la “pasta” è un alimento che non deve mancare sulla tavola di ogni giorno. Ma la pasta Aliveris (Alimenti Veri per la Salute) ha qualcosa in più, cosa?
Quando devo spiegare in poche parole l’essenza di Aliveris, la pasta con germe di soia, la definisco un perfetto mix culturale, perché inserisce in uno dei cibi principali della dieta mediterranea i benefici di alcuni alimenti a base di soia della tradizione culinaria asiatica.
 
–   Non stupisce il fatto che tale particolarità si sia sviluppata proprio in Italia, dove la pasta è nata ed è cresciuta, così come raccontato nel romanzo di Nunzio Russo “La voce del maestrale”..
Per essere più precisi l’idea non è stata concepita in Italia ma è venuta dallo scienziato inglese Kenneth DR Setchell, grandissimo amante del tè verde e della pasta. Nel 1980 il prof. Setchell, assieme al suo team di ricercatori, ha isolato per primo i lignani e gli isoflavoni nelle urine umane, si tratta di molecole di origine vegetale presenti in alcune piante come la soia. Poi, per tutta la vita, ne ha studiato i benefici ed ha analizzato il fatto che alcune popolazioni asiatiche, che ne consumano costantemente, hanno un’incidenza minore rispetto ad alcune patologie da noi molto diffuse (malattie cardiovascolari, diabete e alcuni tumori). Considerando il fatto che in occidente non si assumono facilmente gli isoflavoni, ha iniziato le sue ricerche per capire quale cibo sarebbe potuto essere il veicolo ideale per introdurli. Il caso ha poi voluto che si incontrasse con il Dott. Carlo Clerici, medico e ricercatore di larghe vedute, e dopo aver condiviso le rispettive conoscenze ed esperienze di lavoro e ricerca, hanno deciso che l’alimento ideale doveva essere la PASTA, dunque il luogo ideale di produzione non poteva che essere l’Italia!
 
–   Come viene accolta sia in Italia che all’estero la “pasta con germe di soia” e quale futuro ci si può attendere in questo settore?
D’impatto l’italiano medio non vuole una pasta “modificata”, ma quando scopre che il gusto, sebbene si tratti di una pasta speciale, rimane inalterato (o addirittura migliorato), l’interesse si accende. La curiosità e la voglia di indagare poi aumenta soprattutto di fronte al fatto che l’alimento finito, la pasta Aliveris, così come la si trova in commercio è stata oggetto di importanti studi clinici con risultati talmente importanti e postivi da ottenere pubblicazioni scientifiche nelle riviste mediche più autorevoli in materia di alimentazione: Diabetes Care e The Joutnal of Nutrition.
 
 
 
UFFICIO STAMPA e informazioni:
Maria Grazia D’Agostino

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Siate uomini prima che scrittori: create un’identita’ condivisa tra la vostra parola e la vostra vita.

Intervento dello scrittore Nunzio Russo alla tavola rotonda organizzata da Contrappunto Literary Management dal titolo ‘Decalogo per lo scrittore contemporaneo’. Salone Internazionale del Libro di Torino, 13 maggio 2011. Moderatrice: Natascia PaneIntervento dello scrittore Nunzio Russo alla tavola rotonda organizzata da Contrappunto Literary Management dal titolo ‘Decalogo per lo scrittore contemporaneo’. Salone Internazionale del Libro di Torino, 13 maggio 2011. Moderatrice: Natascia Pane

Il suo primo romanzo, già in III Edizione uscita a Ottobre 2012 e targata EEE-Edizioni Esordienti E-book, ha il titolo de
La voce del maestrale” ed è da subito apprezzato ovunque.
La storia, frutto di fantasia, benché due eventi storici di grande importanza e assolutamente veritieri come la battaglia di Cheren avvenuta nel 1941 in Eritrea durante la Seconda Guerra Mondiale e la riunione dei pastai che volevano costruire il pastificio più grande d’Italia nel 1963, è ambientata in un piccolo paese della Sicilia fino a spostarsi in Africa nel corso del XX secolo.
Una storia di grande passione e dignità. Un racconto sulla produzione della pasta e sulle tradizioni di paese, sugli ideali dell’onore, del rispetto e della vita, una lezione che si racconta affrontando argomenti molto attuali e di certo interesse collettivo.
Ma parliamone direttamente con l’autore.
Salve Nunzio,
comincio col congratularmi per il successo riscosso dalla tua opera letteraria, poiché sei già alla III Edizione. Raccontaci come è questa tua esperienza artistica.
RISPOSTA:
Vivo quest’avventura con giusto equilibrio. Anni addietro, una scrittrice che personalmente adoro mi ha spiegato qualcosa sempre attuale. Un’opera è dell’autore fin quando non è pubblicata. Poi, diventa dei lettori. E’ come il taglio del cordone ombelicale all’atto della nascita. Sono i lettori che fanno di un libro un successo (grande o piccolo), e di chi l’ha scritto uno scrittore.
Innanzitutto perché l’hai intitolata “La voce del maestrale”?
RISPOSTA:
Nella mia Sicilia ci sono tanti contrasti come in tutti i luoghi di rara bellezza:  il bene e il male,  la ricchezza e la miseria, il fresco e il caldo. La natura ha pure le sue contraddizioni, e finanche i venti non fanno eccezione. La temperatura – soprattutto d’estate – alle volte supera di molto i quaranta gradi, portata a quel livello dal caldo vento di scirocco, che raggiunge l’isola dalle regioni sahariane d’Africa. Quando avviene questo, non hai riparo alcuno. Puoi soltanto prendere un granita di limone. Dopo qualche giorno, e per fortuna, da nord arriva il maestrale e tutto cambia. Te ne accorgi subito dal mare, dal mutare delle onde di superficie. Così arriva quel fresco che ritempra e dona nuovo vigore. Vado sempre in riva al mare quando giunge il maestrale, d’estate o d’inverno. Io lo amo.
Associazione Dictinne Bobok
 
L’Associazione Dictinne Bobok si occupa di Arte ed è nata in ricordo di Ginevra, unica figlia della presidente Marisa Russo, che studiava all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Con Dictinne Bobok, quindi, la grande passione di Ginevra riesce non solo a vivere ma anche a supportare chi, come lei, intende iniziare un percorso in un mondo spesso difficile e trascurato come quello dell’arte e dove l’opportunità di una guida può essere determinante.
L’Associazione è legata alla mostra da due elementi. Da un lato, il legame affettivo che lega la presidente Marisa Russo allo scrittore Nunzio Russo, suo cugino, nonché al nonno Nunzio (pastaio) che non ha conosciuto ma che per carattere schivo, determinato e creativo ricorda molto la figlia Ginevra. Da un altro lato, secondo la madre, l’improvvisazione grafica nell’esporre gli elementi della mostra avrebbe di certo divertito la giovane artista.
La scelta del nome Dictinne Bobok non è casuale poiché esprime il dualismo di una persona dai molteplici interessi: il mito, la letteratura, il fantastico, il teatro, la poesia, la magia quasi alchemica della trasformazione nell’incisione. Si, l’incisione, quel linguaggio dei segni tanto caro a Dictinne.
L’occhio e la mano sono il padre e la madre dell’attività artistica (BALTHUS).
«Questa frase di un grande artista, molto amato da Ginevra – dichiara Marisa Russo -, ci ha guidati nelle varie fasi di realizzazione dell’associazione. La voglia di mettersi in gioco, di conoscere, di spaziare tra le varie espressioni artistiche, di lottare perché gli altri capiscano, di non sentirsi mai arrivati al traguardo e soprattutto essere sé stessi fortemente e non, nel rispetto dei dubbi canoni di questa società, soltanto apparenza, costituiscono i cardini della nostra associazione. La mia "avventura" nel mondo dell’attività artistica sarebbe stata impossibile se non avessi avuto il supporto di due grafici speciali: Michele Lombardi e Maurizio Cipriano».
Dictinne Bobok organizza corsi, stages e workshop incentrati su specifici settori del mondo dell’Arte e volti a garantire sia una visione ampia e concreta delle varie forme di espressione artistica, sia la possibilità di sperimentarsi nell’utilizzo pratico di metodologie e tecniche altrimenti inaccessibili al fuori dei classici percorsi di studio. L’Associazione organizza anche viaggi di studio e di approfondimento nelle principali città italiane ed europee, che sono sedi di grandi musei, nonché visite alle principali mostre e partecipazione ad eventi di particolare rilevanza. Il coinvolgimento di docenti e professionisti fa si che la partecipazione alle attività si traduca in un momento di crescita intellettuale e professionale di effettiva utilità ed arricchimento culturale. L’Associazione, con il contributo dei partner, è sede per esposizioni e mostre sia degli elaborati degli associati e sia per produzioni esterne coerenti con i fini stessi dell’associazione. Dispone anche di una nutrita biblioteca tematica in continuo accrescimento.
«Tenendo conto della molteplicità ed eterogeneità degli interessi di Ginevra – conclude Marisa Russo – l’associazione è una realtà in continua evoluzione. Un work in progress la cui funzione fondamentale è mantenere vivo l’interesse e la curiosità intellettuale che &egrav

Sempre confessare una colpa è atto di giustizia. Poi, questa volta sono stato davvero un monello. Invece di recensire uno splendido romanzo di Piera Rossotti Pogliano, ho scritto un mio personale diario di questa lettura. Sono state giornate piacevoli, di approfondimento, e finanche di riflessione su certi aspetti della mia vita e dettati da ogni singola pagina. ll risultato è un commento, e quindi molto più di una qualunque e dottrinale critica. Nulla di quanto si trova in giro. E’ questo il dono ricevuto da “Il diario intimo di Filippina De Sales Marchesa di Cavour”.

 DIARIO DI UNA LETTURA

Casa al mare, 3 giugno 2001
Come un’esistenza scorre veloce fra definiti meandri, le mie stesse giornate vivono di un’essenza simile ed estrema. Osservo i miei figli giocare e ridere nel giardino, piccolo, della capanna che da qualche anno io prendo in affitto sul mare. Questa è una consolazione. Massimo e Francesco conserveranno un ricordo sbiadito delle vecchie residenze estive di famiglia. Lo stesso non è per me, ma questo è il minore dei mali. Faccio un ghigno, e non comprendo ancora come sono tutto intero e pieno di sogni, che intendo realizzare e presto. Poi ritorno alla lettura di questa domenica, mentre il maestrale arriva da lontano e smuove le azzurre acque in cavalloni, e così da indurmi a pensare che rinvierò il primo bagno della stagione.
Il diario intimo di Filippina de Sales marchesa di Cavour, il titolo del romanzo, è un po’ lungo, ma è pure come un chiodo appuntato nella mente e che poi entra fino in fondo, appena distratto tocchi uno spigolo. Ho già letto trenta pagine e credo che rileggerò ancora questo libro. In genere leggo più volte, infinite, quel che davvero piace.
Il testo impressiona e mette paura, per l’indicibile bellezza. E’ colmo dell’essenza propria della donna e protagonista, e che soltanto una rara sensibilità poteva comprendere e poi interpretare e finanche offrire al mondo dei lettori. Questo è uno di quei radi eventi dove la letteratura si aggiunge all’avventura umana e ottiene come somma perfezione. E appare anche mediocre, al cospetto di una simile verità, riflettere su qualche inevitabile dettaglio. Che cosa importa di qualche pronome, di qualche stupido e personale “mi”, che spesso Filippina ripete nel suo diario e che l’illetterato sottoscritto eliminerebbe con gran gusto. Meglio, piuttosto, correre con la mente alle due pagine, la 25 e la 33, e a quel ripetuto “amico mio” che appare in un accenno di dialogo. L’essenza di un matrimonio, anche combinato, ma poi riuscito, è in queste due magiche parole.
 
Sono a pagina 50. Chiudo il libro. Ciao Filippina, ti rivedrò domani.
 
 

E’ l’autore di un romanzo che è una vera rivelazione, poiché è persino arrivato alla III Edizione proprio quest’anno, dopo una serie di soddisfazioni di cui l’autore ci parlerà a breve.
La voce del maestrale” è la prima opera letteraria dell’autore e imprenditore Nunzio Russo. Nato in Sicilia nel 1960, è discendente di una famiglia di produttori industriali di pasta siciliana e grande appassionato di arte letteraria.
Ha dato grande prova del suo talento con questo libro che sta coinvolgendo davvero tanti con la storia raccontata.
Il romanzo.
La voce del maestrale” è un libro ambientato tra la Sicilia e l’Africa del XX secolo, in mezzo ad eventi storici di interesse collettivo, tra cui le due Guerre Mondiali, il Ventennio fascista, la Campagna d’Africa, la caduta della monarchia e l’avvento della Repubblica italiana, nel corso di un racconto inventato che parla di una saga familiare di pastai.
Salvatore Musumeci, mugnaio del paese di Granata, si è arricchito grazie ad un lavoro che, nel tempo, gli ha permesso di comprarsi il titolo di barone di Mezzocannolo al fine di mostrarsi in modo più autorevole nei riguardi del principe di Granata, senatore del Regno d’Italia, fondatore del paese oltre che potente “signore del pane”, in quanto proprietario dei mulini che macinano la gran parte della farina per i panettieri.
Poi Musumeci, però, viene assassinato e le sue fortune passano al figlio Vincenzo, il quale ha l’idea di produrre la pasta e apre il Pastificio Musumeci, un’avventura di successo. Ma la sua vita privata, però, sarà scossa da una serie di eventi inaspettati e appassionanti.
Ma parliamone direttamente con l’autore che avrà modo di raccontarsi in questa intervista.
Salve Nunzio,
grazie per avermi permesso di intervistarti su un argomento molto interessante che tocca veramente argomenti attuali e molto piacevoli come, ad esempio, la produzione della pasta che è l’elemento primario della tradizione culinaria non solo siciliana, ma italiana.
Come è nata l’idea di questo romanzo?

RISPOSTA:
Quando sono nato, subito è stato chiaro quale fosse il mio destino, perché rappresentavo la quarta generazione di un’antica famiglia siciliana produttrice di pasta alimentare. Dunque, dovevo fare di mestiere l’imprenditore. In più, come da tradizione mi fu dato il nome del nonno. Una scelta obbligata, nonostante crescendo è maturata la passione per la scrittura. Ma non solo. La storia e la filosofia e la lettura in genere riempivano le mie giornate di studente. In estate, in ogni caso, e fin da piccolo, mi davo da fare in azienda. Questa era la rigida tradizione di famiglia. Più tardi, i tempi hanno avuto la loro evoluzione. Così sono riuscito a fare della mia passione giovanile un’opportunità per il domani. “La Voce del Maestrale” è nata dai due grandi amori della mia vita, da un lato la scrittura e dall’altro la storia del pastificio di famiglia. E poi, questo romanzo, è stato il primo scritto a narrare l’epopea di questo prodotto unico e dei suoi luoghi d’origine. Qualcosa che il mondo intero invidia all’Italia. 
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