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Salve Nunzio,
grazie per aver accettato questa intervista nella quale parleremo, tra l’altro, anche e soprattutto della prossima presentazione del tuo romanzo. Ma raccontaci quali sono stati, in primis, gli spunti che ti hanno portato a raccontare di questa storia. Hanno uno sfondo autobiografico, vista l’ambientazione?

RISPOSTA:
Come tutti i romanzi storici o assimilabili al genere storico anche La Voce del Maestrale trae origine da verita’ conosciute all’autore come patrimonio personale e attraverso la ricerca. Questa e’ la prima opera di narrativa pubblicata che racconta di un prodotto unico nella storia della scienza alimentare: la pasta. La vicenda e’ quella di una famiglia di imprenditori siciliani, grandi interpreti di questa tradizione industriale dell’isola nei luoghi d’origine del prodotto. A Termini Imerese vicino Palermo, infatti, abbiamo le prime notizie certe circa la lavorazione della pasta fin dal 1154. Dunque cento anni prima la nascita di Marco Polo, l’esploratore fino ad oggi considerato colui che scopertala in Cina la fece conoscere in occidente. La pasta invece e’ nata in Sicilia e, per amore di verità, a Termini Imerese. 

La Voce del Maestrale si aggiudica il Premio Elmo

Spirando da nord ovest, il Maestrale è un vento foriero di quel cambiamento climatico che annuncia il freddo e la stagione invernale. Impetuosamente si abbatte sulle coste sarde e sicule, portando un mare in tempesta e violente mareggiate. Ed è attraverso questa descrizione che possiamo riassumere il libro di Nunzio Russo, La voce del Maestrale, con il quale ci riporta in terra di Sicilia e nelle atmosfere contrastanti che la caratterizzano. Terra di orgoglio mai sopito e di quella durezza, tipica di chi affronta un vento freddo e il mare in tempesta, che sfocia nella violenza e nei drammi che tutti noi conosciamo, anche solo marginalmente. Una trama che si dipana attraverso la storia, presentando una saga familiare dal tipico sapore nostrano. Imprenditori di lunga tradizione, i protagonisti vivono la realtà con dignità e tenacia, affrontando le avversità a testa alta e senza mai cedere agli elementi, ma solo alla voce del proprio cuore. Tuttavia, per poter comprendere a fondo le contraddizioni di questa magnifica Terra, è necessario viverla, immergersi nella cultura e nel quotidiano, nei colori e nello spirito che solo la Sicilia è in grado di offrire.

Domenica 7 settembre, Nunzio Russo ha ritirato il Premio Elmo (un ampio articolo è stato inserito QUI), conferitogli per il successo ottenuto con il suo libro. Un trionfo più che meritato, che premia la cultura italiana in ogni sua forma, garantendo quel passaggio ai posteri che tanto auspichiamo. Proprio per favorire la divulgazione degli aspetti culturali più tipici, presenti nella letteratura italiana, La voce del Maestrale è ora proposto in offerta su Amazon.

La notizia è stata ufficializzata nel corso di un incontro che si e’ svolto nell’aula magna dell’Universita’, dove si sono ritrovati testimoni diretti e indiretti di questa bellissima pagina di storia. (…) E’ un capitolo che arricchisce la storia dell’importante polo industriale reggiano ed amplia ulteriormente la gia’ vasta gamma di strumenti e meccanismi usciti dalla fabbrica prima e a cavallo dell’ultimo conflitto.

(AGENPARL) – Foligno (Pg), 26 set – Un evento di grande spessore culturale quello che si terrà stasera all’Università della Pasta (ridotto Auditorium San Domenico) alle ore 19.00 nell’ambito della manifestazione Primi d’Italia a Foligno. L’Università dei Sapori di Perugia, in collaborazione con Aliveris, marchio della storica Industria Alimentare Filiberto Bianconi 1947 S.p.A presenta un excursus storico sull’origine della pasta, prodotto 100% made in Italy e che affonda le sue origini in una straordinaria Sicilia di altri tempi. Se ne parlerà proprio grazie a “Il Romanzo della Pasta italiana- Dal primo spaghetto della storia, all’evoluzione della pasta moderna”. A ripercorrere le origini ci sarà Nunzio Russo, autore del pluripremiato “La Voce del Maestrale”, prima opera letteraria dello scrittore e imprenditore nato in Sicilia nel 1960 e  discendente di una famiglia di produttori industriali di pasta siciliana e grande appassionato di arte letteraria. Russo coinvolgerà il pubblico in questo affascinante percorso storico che lui ha avuto la fortuna di conoscere da vicino, come rappresentante della quarta generazione di pastai. Tutto ebbe origine, documentato da fonti storiche, nel 1154 tra Termini Imerese, vicino Palermo, nella Sicilia Occidentale e la limitrofa Trabia. E perciò cento anni prima della nascita di Marco Polo, considerato come lo scopritore di questo alimento in Cina e come colui che poi lo diffuse in tutto l’Occidente. La pasta di Termini Imerese non conobbe sosta, arrivò in America nei primissimi del ‘900 quando nella cittadina siciliana erano ben quarantacinque i pastai e mugnai. Questo e molto altro sarà presentato dallo stesso Russo stasera a Foligno. Un’occasione imperdibile per conoscere l’autore, che la pasta, indubbiamente, ce l’ha nel Dna. 

CHI E’ NUNZIO RUSSO. Nunzio Russo è nato a Palermo nel 1960, dove è cresciuto e dove sono nati i suoi figli, Francesco e Massimo. Discendente da antichi produttori di pasta alimentare siciliana, secondo la rigida tradizione familiare appena adolescente si è accostato all’attività imprenditoriale paterna. Oggi l’autore è un libero professionista, da volontario raccoglie testi antichi e classici trasferendoli su supporto elettronico a vantaggio delle future generazioni e si occupa di comunicazione ed editoria per il sindacato degli agenti immobiliari italiani. Ha due grandi passioni: la Sicilia e l’Africa.  Il suo blog è www.nunziorusso.it

Universita’ di Modena e Reggio Emilia. Un romanzo di Nunzio Russo, ambientato in Sicilia fa rivivere l’epopea delle Officine “Reggiane”, rivelando un aspetto poco noto della attività di questa grande industria, assai fiorente verso la metà del secolo scorso. La voce del maestrale, il titolo del romanzo, la saga di una famiglia proprietaria di un pastificio a Termini Imerese, e la costruzione di una impastatrice, uscita dalla fabbrica reggiana, saranno ripercorse in un incontro lunedì 22 aprile a Reggio Emilia. 
Può essere curioso che un romanzo, ambientato nelle terre di Sicilia, faccia rivivere l’epopea delle officine “Reggiane”, la famosa fabbrica di Reggio Emilia, arrivata ad occupare oltre 12.000 persone intorno al 1940. Nunzio Russo, l’autore del romanzo, nel ricostruire la storia del pastificio di famiglia di Termini Imerese, in provincia di Palermo, fa una curiosa scoperta che porta la mente alle “Reggiane”, un’industria conosciuta quasi esclusivamente per la produzione di aerei, locomotori e vagoni ferroviari, ma che tra le sue attività annovera anche per la produzione di macchine destinate a pastifici.
La storia di questo legame, e di altre interessanti scoperte d’archivio, potrà essere meglio compresalunedì 22 aprile 2013, alle ore 17.00, presso l’Aula Magna “P: Manodori” della sede universitaria Palazzo Dossetti (viale Allegri, 9) a Reggio Emilia in occasione della presentazione del romanzo La voce del maestrale, di Nunzio Russo, nell’ambito di vero e proprio evento promosso da Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, Rotary Club di Reggio Emilia e Val di Secchia, Club Unesco e Boorea.

L’introduzione ai lavori è affidata al Pro Rettore della sede di Reggio Emilia, prof. Luigi Grasselli, a cui seguiranno gli interventi di Maria Grazia Degola su “La magia del maestrale”, Adriano Riatti, curatore dell’archivio digitale “Reggiane” presso la Mediateca universitaria su “Le produzioni “Reggiane” per il settore alimentare”, Francesca Caronna su “Storia delle industrie in Sicilia”. 

Gazzetta di Reggio. La semolatrice e’ tornata alle Officine Reggiane.
 
REGGIO EMILIA. La semolatrice, o meglio la pulitrice quadrupla da semole, è tornata a casa. Il macchinario degli anni Trenta, testimonianza simbolica dell’attività delle Officine Meccaniche Reggiane anche nel campo della produzione di strumenti meccanici per mulini e pastifici, è stata infatti ufficialmente riposizionata ieri pomeriggio nella sua sede di produzione, il capannone 19 ora sede del Tecnopolo.
 
«Qui, dunque, alle Reggiane, non venivano prodotte solo macchine volanti – ha detto Riccardo Ferretti, pro rettore della sede reggiana di Unimore – ma anche macchine per la vita cioè macchinari per produrre pasta. Con grande onore ci siamo presi cura del restauro della semolatrice e abbiamo deciso di riportarla qui, nel luogo che la città di Reggio vuole dedicare a una nuova idea di artigianalità».
 
Ritrovata in modo quasi fortuito a Termini Imerese, la semolatrice, prodotta negli anni Trenta negli stabilimenti delle Reggiane, è stata pazientemente riportata in città dalla Sicilia e sottoposta a un prezioso restauro, durato circa due anni, come ha spiegato Adriano Riatti, curatore dell’archivio digitale delle Reggiane presso Unimore: «Era in condizioni malconce, alcune parti sono state restaurate, altre interamente ricostruite. Ma, come potete vedere, si tratta di un vero e proprio gioiello per la nostra città considerando che quasi tutti gli altri macchinari prodotti o utilizzati dalle Reggiane sono stati purtroppo rottamati».
 
La produzione di tali tipi di macchinari da parte delle Officine reggiane non fu una storia di breve durata ma si sviluppò a partire dagli anni ’20, con l’acquisizione di una società specializzata con sede a Monza, per terminare negli anni ’60; circa quaranta anni in cui le Reggiane coprirono non solo il mercato italiano, ma anche quello straniero con cifre davvero rilevanti.
 
All’intervento di Nunzio Russo, uno dei principali artefici del trasferimento della semolatrice a Reggio e persino autore di un romanzo in cui viene narrato l’acquisto del macchinario dall’azienda di Termini Imerese, è seguito quello di Valeria Montanari, assessore all’Innovazione: «Dietro questo macchinario c’è una storia fatta innanzitutto di persone, la “generazione delle Reggiane” che seppe creare eccellenze come questa».
 
la notizia sul web:
 
Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia – Eventi
 
Gazzetta di Reggio
 
Gazzetta di Reggio

“La grandezza di quest’opera, degna di entrare tra i classici della letteratura siciliana, sicuramente sta nel portare alla luce …”

Mi sono imbattuta con “La voce del maestrale” di Nunzio Russo per caso e, di fatto, ne sono stata folgorata. Nato in Sicilia nel 1960 e discendente di una famiglia di produttori di pasta, l’autore ha mostrato grande talento letterario con questa sua opera prima. “La voce del maestrale” (2008) e’ un libro ambientato tra la Sicilia e l’Africa in un lasso di tempo che scorre tra il 1910 e il 1996. Romanzo in parte autobiografico, in parte inventato, e’ la saga familiare dei Musumeci che si sviluppa tra eventi storici d’interesse rilevante, come la prima e la seconda guerra mondiale, il ventennio fascista, la campagna d’Africa, lo sbarco in Sicilia delle truppe americane, l’avvento della Repubblica, il boom economico e cio’ che ne consegue. Capostipite della famiglia, Salvatore Musumeci, mugnaio di Granata, che e’ riuscito ad arricchirsi grazie al suo duro e onesto lavoro e per salire di ceto a comprarsi il titolo nobiliare di barone di Mezzocannolo. Il suo non sottostare al principe di Granata, senatore del Regno d’Italia, proprietario della maggior parte dei mulini della zona, lo portera’ a una morte barbara per mano di un mafioso. Il mulino passa cosi’ a suo figlio Vincenzo che comincia a produrre semole da pasta e fonda il Pastificio Musumeci, con ottimi guadagni. Vincenzo sposa Ada, donna mentalmente instabile, da cui avra’ il figlio Toto’, ma il suo unico e vero amore e’ Maddalena, medico missionario in Africa, che resta incinta di lui e che, per salvare se stessa e la famiglia, sposa un ufficiale italiano, Adriano Baggio. A Toto’ piacerebbe tanto studiare musica e diventare direttore d’orchestra ma, come desidera il padre, s’iscrive alla facolta’ di economia per prendere le redini del pastificio che riesce a ingrandire, aumentandone ben presto la produzione ed esportando la pasta Musumeci persino in America. Toto’ diventa anche deputato della Democrazia Cristiana e si batte per i pastifici siciliani che durante gli anni settanta soccomberanno ai nuovi pastifici del nord. D’altronde Toto’ insieme all’amico del cuore Nino Ventura aveva piu’ volte salvato il proprio pastificio dal fallimento e soprattutto durante la seconda guerra mondiale dalla distruzione, murando in uno scantinato tutti i nuovi macchinari, appena comprati dalle Officine Reggiane. Caparbio sino all’inverosimile, Toto’ amerà per tutta la vita Elena, da cui pero’ non avra’ eredi maschi. Il nipote Adriano, figlio del fratellastro Peppuccio stroncato, da un brutto male, a causa d’investimenti sbagliati in Africa dimezzera’ il patrimonio dei Musumeci e sarà causa dell’epilogo della famiglia. In questo romanzo l’amore, l’amicizia, la lealtà, il senso della famiglia sono analizzati e descritti in tutta la loro sicilianità come, invece, i temi atavici di una terra feudale, latifondista, nelle mani dei gabellotti locali, sono analizzati e descritti in tutta la loro sicilitudine. Una vicenda narrata con una prosa elegante che descrive la storia di alcuni uomini che hanno fatto l’imprenditoria del Sud con enormi difficolta’ e che hanno dovuto soccombere soprattutto a causa dei costi di trasporto e dell’assenza di una rete autostradale ai produttori delle regioni settentrionali ad aziende molto piu’ grosse, più all’avanguardia e vicine ai mercati. La grandezza di quest’opera, degna di entrare tra i classici della letteratura siciliana, sicuramente sta nel portare alla luce con documenti alla mano la chiusura di oltre quarantacinque piccole industrie nella zona di Termini Imerese che riuscivano a produrre giornalmente 14.521 quintali di pasta. La pasta e’ nata in Sicilia tra Termini Imerese e Trabia nel 1154, cento cinquant’anni prima, dunque, che Marco Polo giungesse dall

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