Nel mio viaggio verso Torino pensavo alla giovinezza. Valutavo quel periodo della vita incastonato tra la bellezza dei sogni e gli ideali. Gia’ a quei tempi i miei pensieri erano rivolti alla scrittura, intesa come mezzo di recupero dell’esistenza e del valore. Entrambi questi due punti rappresentano un segno, vero, dell’identità dell’essere umano che senza la dimensione della conoscenza non possiede futuro. Mi spiego. E’ la storia intima, e quindi per riservatezza dei protagonisti difficile da apprendere, che custodisce il dono della saggezza. Bisogna raccontare questo tipo d’avventura, il solo soggetto narrativo possibile. Questa é la missione di un autore, anche poco conosciuto.
Scrivevo delle tappe d’avvicinamento a questo XXVII Salone Internazionale del Libro. Sono molte le edizioni cui il sottoscritto ha partecipato, condotto fin lì dal vento de La Voce del Maestrale. Libro che ho scritto io, ma che appartiene ai lettori che in questi anni lo hanno apprezzato e amato. Ho incontrato alcuni di loro, che adesso sono amici, tra giovani e meno giovani, perché è così che faccio la mia parte. E’ il dono continuo di un piccolo e modesto sapere, di una storia umana viva e piena d’esperienze mai perdute nella memoria. E sto scrivendo di amore, di onore, di famiglia, di lavoro e di Patria. Forse, questo è un caso letterario controcorrente. Più passa il tempo e più vale.
 
Un caro amico, un medico, in Veneto, mi ha chiesto come mai un bel romanzo che non nasce sempre è pubblicato da un piccolo editore. Poi, ha fatto il paragone con un capolavoro della letteratura siciliana. Confesso di avere balbettato qualcosa, ma non una risposta concreta. In verità, il testo di cui parlava il mio amico è diventato leggenda dopo la morte del suo autore. Probabilmente, perché quello scrittore, un principe, non si allineò in vita ai dogmi e agli imperativi di una cultura che soltanto viveva la moda del momento. Ma questa non è vitamina, in altre parole il regalo perpetuo del soffio vitale. Ecco che bastano pochi mesi nelle classifiche, e poi occorre altro e ancora altro e di più. Alla luce di questo La Voce del Maestrale è un libro fortunato. Sapete perché? Perché è nato appunto, mentre si sviluppava l’era di internet e dei social, degli e-book e della libertà di affermare la propria personale verità. Senza queste novità, non ci sarebbe stato un romanzo pubblicato, e per il sottoscritto mai un Salone del Libro.
 
Ma guardiamo alla Fiera e, soprattutto, ai libri. Ho osservato con attenzione quanto avveniva nei padiglioni. Dopotutto sono un imprenditore per dovere, e soltanto uno scrittore per passione. Soprattutto in periodi di crisi, prestare attenzione ad un luogo dove si incontra la domanda con l’offerta, offre spunti d’interesse. Oltre il fascino e la ricchezza della zona dedicata all’ospite d’onore, che è stata la Santa Sede, ho percepito una sensazione. C’era sempre gente che comprava novità o libri in offerta, ma presso i piccoli editori e negli stand a tema o dedicati alle realtà locali dell’Italia, la gente s’incontrava e scambiava opinioni. In questi punti, sono state poche le vendite. Molte erano, invece, le idee che circolavano. E’ questa la novità giusta. Quando l’ideale va, diventa una leva poderosa. Antica, è vero, ma per questo eterna. E alla fine, vince. Quale che sia il contenuto.
 

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