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Nunzio Russo

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E’ l’autore di un romanzo che è una vera rivelazione, poiché è persino arrivato alla III Edizione proprio quest’anno, dopo una serie di soddisfazioni di cui l’autore ci parlerà a breve.
La voce del maestrale” è la prima opera letteraria dell’autore e imprenditore Nunzio Russo. Nato in Sicilia nel 1960, è discendente di una famiglia di produttori industriali di pasta siciliana e grande appassionato di arte letteraria.
Ha dato grande prova del suo talento con questo libro che sta coinvolgendo davvero tanti con la storia raccontata.
Il romanzo.
La voce del maestrale” è un libro ambientato tra la Sicilia e l’Africa del XX secolo, in mezzo ad eventi storici di interesse collettivo, tra cui le due Guerre Mondiali, il Ventennio fascista, la Campagna d’Africa, la caduta della monarchia e l’avvento della Repubblica italiana, nel corso di un racconto inventato che parla di una saga familiare di pastai.
Salvatore Musumeci, mugnaio del paese di Granata, si è arricchito grazie ad un lavoro che, nel tempo, gli ha permesso di comprarsi il titolo di barone di Mezzocannolo al fine di mostrarsi in modo più autorevole nei riguardi del principe di Granata, senatore del Regno d’Italia, fondatore del paese oltre che potente “signore del pane”, in quanto proprietario dei mulini che macinano la gran parte della farina per i panettieri.
Poi Musumeci, però, viene assassinato e le sue fortune passano al figlio Vincenzo, il quale ha l’idea di produrre la pasta e apre il Pastificio Musumeci, un’avventura di successo. Ma la sua vita privata, però, sarà scossa da una serie di eventi inaspettati e appassionanti.
Ma parliamone direttamente con l’autore che avrà modo di raccontarsi in questa intervista.
Salve Nunzio,
grazie per avermi permesso di intervistarti su un argomento molto interessante che tocca veramente argomenti attuali e molto piacevoli come, ad esempio, la produzione della pasta che è l’elemento primario della tradizione culinaria non solo siciliana, ma italiana.
Come è nata l’idea di questo romanzo?

RISPOSTA:
Quando sono nato, subito è stato chiaro quale fosse il mio destino, perché rappresentavo la quarta generazione di un’antica famiglia siciliana produttrice di pasta alimentare. Dunque, dovevo fare di mestiere l’imprenditore. In più, come da tradizione mi fu dato il nome del nonno. Una scelta obbligata, nonostante crescendo è maturata la passione per la scrittura. Ma non solo. La storia e la filosofia e la lettura in genere riempivano le mie giornate di studente. In estate, in ogni caso, e fin da piccolo, mi davo da fare in azienda. Questa era la rigida tradizione di famiglia. Più tardi, i tempi hanno avuto la loro evoluzione. Così sono riuscito a fare della mia passione giovanile un’opportunità per il domani. “La Voce del Maestrale” è nata dai due grandi amori della mia vita, da un lato la scrittura e dall’altro la storia del pastificio di famiglia. E poi, questo romanzo, è stato il primo scritto a narrare l’epopea di questo prodotto unico e dei suoi luoghi d’origine. Qualcosa che il mondo intero invidia all’Italia. 

Il suo primo romanzo, già in III Edizione uscita a Ottobre 2012 e targata EEE-Edizioni Esordienti E-book, ha il titolo de
La voce del maestrale” ed è da subito apprezzato ovunque.
La storia, frutto di fantasia, benché due eventi storici di grande importanza e assolutamente veritieri come la battaglia di Cheren avvenuta nel 1941 in Eritrea durante la Seconda Guerra Mondiale e la riunione dei pastai che volevano costruire il pastificio più grande d’Italia nel 1963, è ambientata in un piccolo paese della Sicilia fino a spostarsi in Africa nel corso del XX secolo.
Una storia di grande passione e dignità. Un racconto sulla produzione della pasta e sulle tradizioni di paese, sugli ideali dell’onore, del rispetto e della vita, una lezione che si racconta affrontando argomenti molto attuali e di certo interesse collettivo.
Ma parliamone direttamente con l’autore.
Salve Nunzio,
comincio col congratularmi per il successo riscosso dalla tua opera letteraria, poiché sei già alla III Edizione. Raccontaci come è questa tua esperienza artistica.
RISPOSTA:
Vivo quest’avventura con giusto equilibrio. Anni addietro, una scrittrice che personalmente adoro mi ha spiegato qualcosa sempre attuale. Un’opera è dell’autore fin quando non è pubblicata. Poi, diventa dei lettori. E’ come il taglio del cordone ombelicale all’atto della nascita. Sono i lettori che fanno di un libro un successo (grande o piccolo), e di chi l’ha scritto uno scrittore.
Innanzitutto perché l’hai intitolata “La voce del maestrale”?
RISPOSTA:
Nella mia Sicilia ci sono tanti contrasti come in tutti i luoghi di rara bellezza:  il bene e il male,  la ricchezza e la miseria, il fresco e il caldo. La natura ha pure le sue contraddizioni, e finanche i venti non fanno eccezione. La temperatura – soprattutto d’estate – alle volte supera di molto i quaranta gradi, portata a quel livello dal caldo vento di scirocco, che raggiunge l’isola dalle regioni sahariane d’Africa. Quando avviene questo, non hai riparo alcuno. Puoi soltanto prendere un granita di limone. Dopo qualche giorno, e per fortuna, da nord arriva il maestrale e tutto cambia. Te ne accorgi subito dal mare, dal mutare delle onde di superficie. Così arriva quel fresco che ritempra e dona nuovo vigore. Vado sempre in riva al mare quando giunge il maestrale, d’estate o d’inverno. Io lo amo.

Una storia di grande impatto poiché affronta temi culturali storici di grande interesse collettivo. Ambientata in un paesino tra la Sicilia e l’Eritrea del XX secolo e si districa tra le vicende storiche riguardanti la tradizione alimentare della pasta con cui i protagonisti di questa storia, una famiglia legata all’industria dell’alimento primario italiano, che si affacceranno in vicende inerenti la storia del loro luogo di origine, ma non solo. 

Una storia che sta appassionando tanti. Un libro ambientato tra la Sicilia e l’Africa del XX secolo che si districa nel racconto di una saga familiare di pastai siciliani e riporterà alla memoria del lettore avvenimenti che hanno fatto la storia del nostro Paese, oltre a raccontare la Campagna d’Africa, la caduta della monarchia e l’avvento della Repubblica.
"La voce del maestrale" (EEE-Edizioni Esordienti E-book) di Nunzio Russo è un viaggio di passioni e tradizioni, storie antiche e antiche tradizioni. Un racconto da scoprire. 

E’ la prima opera di narrativa sul mondo della pasta alimentare. Una vicenda unica – quella di questo prodotto – che tutti invidiano all’Italia. E’ anche memoria delle verità ritrovate per caso negli archivi di un pastificio siciliano. Nel tracciare una breve storia di questa industria, che poi e’ stata l’azienda della mia famiglia, ritengo corretta una nota iniziale tratta dalle fonti della storia.
 
Premessa
 
La pasta è nata in Sicilia, e il suo luogo d’origine e’ Termini Imerese. I ricercatori ci comunicano notizie di questo prodotto unico nella storia della scienza alimentare fin dal 1154. Quindi, da quando il geografo arabo Al Idrisi girò l’isola, scrivendo Il Libro di Ruggero (Flaccovio Editore, 2008), e così narrandone le meraviglie per conto del normanno Re Ruggero II di Sicilia. Questo avvenne cento anni prima della nascita di Marco Polo, per centinaia d’anni considerato l’esploratore che – scopertala in Cina – la fece poi conoscere in Occidente.
 
In verita’, nella sua ricerca Idrisi scrive di Trabia, piccolo centro a circa 30 km da Palermo, affermando:
 “La Trabia ha una pianura e dei vasti poderi nei quali si fabbrica molta quantità di paste(Yttriyya) da esportarne in tutte le parti, specialmente nella Calabria e in altri paesi di musulmani e di cristiani. (…)” 
Il luogo, pero’, e’ stato un errore di valutazione. La contrada individuata con precisione dall’autore era nota all’epoca come Mulinelli. Ancora ai nostri giorni la chiamano così. La località si trova oggi, come ieri, in territorio di Termini Imerese. Lo sbaglio è nato perché all’epoca dei fatti l’espansione di questa non era l’odierna, sebbene il territorio cittadino fosse molto vasto. Da qui nasce la storica disputa tra le due città per la primogenitura dello spaghetto. La controversia è finita nel 2005, con la prima presentazione del romanzo La Voce del Maestrale di Nunzio Russo (tre edizioni). Nell’occasione i due sindaci presenti all’evento hanno convenuto che la pasta nascesse a Termini Imerese ma vicinissimo a Trabia, in questo aiutati dall’autore, che poi è figlio e nipote e pronipote di pastai da entrambi i rami della famiglia. Ai Mulinelli, dunque, troviamo le testimonianze del primo pastificio.
 
La Yttriyya (arabo), che poi i latini chiamarono Itria, di cui ci giungono notizie era una merce rustica e nutriente. Questa era prodotta in quantità limitate dalle famiglie, che poi ne facevano commercio. Era fatta a mano con pazienza, e poi lasciata ad asciugare al sole. La materia prima era ottenuta dalla macinazione del grano duro, cui era aggiunta acqua per ottenere l’impasto. Il resoconto di Idrisi narra di una pasta tirata a fili sottili. Di questo mito secolare oggi è rimasto poco nel posto d’origine. Agli inizi del novecento a Termini Imerese c’erano ancora quarantacinque fabbriche, che producevano pasta o macinavano grano. Di alcune è rimasta traccia.
 
ANTONINO RUSSO FU NUNZIO
Molino e Pastificio – Termini Imerese

La Voce del Maestrale di Nunzio Russo, Edizioni Tripla E 2014, è distribuita in libreria da EDIZIONI TRIPLA E, Mocalieri (Torino). Basta rivolgersi alla casa editrice e richiedere il romanzo o indicare il codice ISBN 978-88-6690-214-0

Ancora è possibile acquistare il romanzo direttamente dal sito dell’editore, ricevendolo a casa senza spese di spedizione, cliccando i link a seguire:

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SORPRESA. Spuntano macchine costruite dalle Officine. Pasta “doc” siciliana grazie alle Reggiane. Le Reggiane, la storica azienda di via Agosti finisce in cucina nel segno delle ricette mediterranee. E al posto di un pizzico di sale per la pastasciutta perfetta,ecco una spruzzata di mistero che porta il sapore degli eventi bellici. Accade con una donazione … (leggi sotto tutto l’articolo di Massimo Tassi).

Al Cle – Manerbio (Brescia), 14 ottobre 2012. Delle mille storie che avvolgono il mondo dei cavalli, poche hanno meritato il personale mi piace. Sara’ stato perche’ sono un lettore attratto dalle belle avventure, di quelli che tendono a commuoversi, se vale la pena. Allora e’ chiaro come la vita di Monty Roberts e’ di quelle che lasciano una traccia. Anni addietro ho letto la sua autobiografia “The man who listen to horses”. Così, l’uomo che ascoltava i cavalli e’ entrato nella mia vita di lettore prima e d’autore piu’ tardi. Monty, pero’, non e’ solo scrittore di best seller. Lui ha dedicato l’esistenza ai cavalli. Da ragazzino trascorreva ore ad ascoltare i mustang selvaggi del Nevada. E’ stato allora che ha compreso il linguaggio espresso dal corpo degli animali, e intuito che e’ semplice e prevedibile. Infatti, mostra l’affetto o il fastidio d’ogni singolo e all’interno del branco. Questa intuizione ha permesso a Roberts di creare il metodo d’allenamento Join-Up, basato sull’assenza di forza da parte dell’allenatore. Attraverso l’idioma del corpo, questi docilmente riesce a farsi accettare dall’animale come un capo branco; così mentre gli volta le spalle e si allontana, il cavallo lo segue in liberta’, con fiducia e rispetto e amicizia. Nell’equitazione moderna e per ogni lavoro da compiere con questo splendido essere vivente, Join-Up rappresenta lo strumento migliore.

Ma che cosa c’entra Monty Roberts con Al Cle e Manerbio? Mi trovavo qui tra le scuderie e all’apertura di tre giorni di concorso indoor. Giravo con le mani in tasca per i viali, quando raggiunsi il campo prova. Dentro si respirava emozione, in altre parole quella bella cosa che sempre ha preso alla gola gli sportivi prima di un evento. In questo caso, cavalieri e amazzoni mascheravano come potevano il momento, eleganti nelle loro tenute. Era difficile, tuttavia, ingannare uno che lo sport agonistico lo ha fatto, per bene. E’ stata questa acquisita sensibilità a farmi notare un’amazzone e la sua cavalla. Stavano insieme e tranquille come due vecchie amiche al cinema. Ciononostante dovevano entrare in campo gara. Osservo meglio. L’animale e’ scalzo, senza ferri che gli costringono gli zoccoli, e finanche è libero in bocca, niente morso tra denti e lingua. Mi stupisco non poco, ben sapendo quanta forza utilizzano i cavalieri in concorso. Decido di seguire gli eventi successivi. Le due entrano in campo e vanno alla prima barriera. Il tocco dell’amazzone e’ leggero e sfugge alla vista, solo le gambe fasciano il costato. E poi, non ha gli speroni. Feodora, anche lei, appare a suo agio in un galoppo leggero e naturale. Commettono un piccolo errore alla fine del percorso, ma escono serene, nonostante l’eliminazione. Questa è una buona storia. Penso io. Così vado a parlare con Maria Grazia Degola, mentre porta Feo – lei la chiama così – alle scuderie. Trovo una donna molto semplice, che serve di persona l’animale. Lei fa quasi tutto da sola, e mi spiega che segue la scuola di Monty Roberts da qualche tempo. Si dice dispiaciuta di non averlo conosciuto prima, ma oggi questa e’ la sua nuova strada. Andra’ avanti cosi’, con Feodora e gli altri cavalli liberi nel paddock dietro casa, ad Albinea, tra le colline di Reggio nell’Emilia.

Poi, scopro che questa sportiva ha un notevole passato agonistico. Lei ha vinto, ancora giovanissima, il G.P. Internazionale di Merano. Altri i suoi successi e piazzamenti.  Feo e’ come Maria Grazia, carina, elegante e per nulla piena di se’. Eppure è figlia del campionissimo Toulon. Credo che continuero’ a scrivere di amazzoni e cavalieri.

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