Di Indro Montanelli abbiamo letto molto, e finanche abbiamo assistito a critiche e violenze nei confronti della sua persona, perché era schietto e raccontava la storia come oggettiva verità. Era un giornalista e uno storico con il gusto dell’innovatore. Per lui la vera cronaca del passato era una scienza, che utilizzava la pienezza di tutte le fonti (anche orali), nel loro dispiegarsi nel tempo, per definire l’evoluzione della Società e della Cultura. E per questo che propongo un breve stralcio del fondo a sua firma, pubblicato sul Giornale tanti anni addietro, nel 1983… ricorrendo il 4 novembre, giorno della nostra definita unità come Nazione.
"SALUTO AL RE…non so che Re sarebbe stato se fosse rimasto Re, so che nessuno lo fu più e meglio di lui dal giorno in cui smise di esserlo, e da allora sono trascorsi trentasette lunghi anni. Nessuna dinastia, credo, neanche quella degli Hohenzollern, ha avuto un epigono che all’impegno di onorarne il nome e il ricordo abbia saputo fare tanto sacrificio della propria vita, e con piena coscienza della sua assoluta inutilità. Dei suoi antenati, quello a cui più somigliava è Carlo Alberto: se non nel carattere, nella sventura e nella dignità con cui l’ha portata. Forse è anche per questo che scelse, come terra di esilio, Il Portogallo. "Come i sogni, lo avevamo dimenticato". Ci volevano l’agonia e la morte per riportarcelo alla memoria. Ora ci auguriamo che l’Italia repubblicana senta il dovere di rendere un sommesso omaggio a questo ultimo Savoia, il più incolpevole e sfortunato di tutti, accogliendone le ceneri a Superga, come egli stesso ha desiderato e richiesto.
E’ un pezzo della nostra storia che finisce con lui. E chi rinnega la propria storia, bella o brutta che sia – ma non è mai né tutta bella, né tutta brutta – rinnega se stesso. (Indro Montanelli)"